Personalmente credo che durante un tour o una serie di esibizioni il feeling tra band e pubblico che si crea in una certa data sia quasi magico, non duplicabile. Per questo sono sempre stato un sostenitore dei concerti unici, registrati in una sola località. E’ altrettanto vero d’altra parte che un concerto come quello qui assemblato sia difficilmente proponibile, perchè un’esibizione dei Saxon che escluda così tanti cavalli di battaglia (“Heavy Metal Thunder”, “Princess Of The Night”, “Motorcycle Man”, “Denim And Leather”, “Dallas 1PM”, “747 (Strangers In The Night)” per citarne alcuni) obbligherebbe i Nostri come minimo ad almeno un’altra mezzora di bis.

A ben vedere quanto appena detto è forse il miglior pregio della prima parte di questo ennesimo live del gruppo inglese, quello di darci in sostanza la possibilità di ascoltare brani purtroppo non sempre presenti nel loro set. Vengono così rispolverati la sempre bella “Frozen Rainbow”, la grintosa “Stallions Of The Highway”, la frizzante “Stand Up And Be Counted”, l’up tempo di “To Hell And Back Again”, gli inni immortali di “Never Surrender” e di “Play It Loud” e la sottovalutata “Redline”. Apoteosi finale col pezzo più richiesto dai fan dal 1984 ad oggi: “Crusader”. Settanta minuti da bersi così, tutti d’un fiato, che non aggiungono niente alla storia dei Saxon ma che non possono non fare la gioia degli appassionati più attempati.

Cambio di disco ma anche cambio generazionale, dal momento che i brani di questa seconda parte (ad eccezione di “Broken Heroes” che fa parte di “Innocence Is No Excuse” del 1985) sono presi tutti dalle produzioni dell’ultimo decennio. In particolare dieci dei primi undici pezzi sono dedicati all’ultimo nato in casa Saxon, che quindi escludendo l’iniziale “Witchfinder General” e “Justice” viene riprodotto integralmente. La cosa inizialmente incuriosisce ma alla lunga penalizza, perchè il disco avrebbe beneficiato maggiormente di un più frequente alternarsi dei brani e anche di una selezione più diffusa (in particolare mi riferisco ai brani di “Metalhead” e “Unleash The Beast”). Settanta minuti anche qui, leggermente più “pesanti” da digerire per i motivi appena citati ma anche, per quello che mi riguarda, per l’ascolto più che appagante del primo disco.

Cosa posso aggiungere? Le lodi ad un gruppo intramontabile, ad un cantante che ormai venero? e a cosa servirebbero? I Saxon li conoscete tutti, sapete benissimo cosa aspettarvi.

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