Nonostante le cosiddette “sonorità moderne” mi provochino nel 99% dei casi forti attacchi di orticaria, per qualche strano motivo i Grip Inc. mi piacquero fin dal primo ascolto, diversi anni fa, tanto che tuttora li considero una delle migliori band metal nate nei secondi novanta.
Era però dal 1999, anno di pubblicazione del terzo album “Solidify”, che non si avevano più notizie della compagine capitanata da Dave Lombardo: gli impegni del batterista con Testament e Fantomas nonchè il suo ritorno a sorpresa negli Slayer risultarono in un lungo periodo di pausa che alimentò più di un dubbio sull’effettivo futuro del progetto.
Ed invece, a cinque anni esatti dall’ultimo disco, ecco i Grip Inc. tornare sotto i riflettori con un nuovo lavoro in studio, intitolato semplicemente “Incorporated”.
La formazione è la stessa di “Solidify”, ovvero Lombardo alla batteria, il produttore/chitarrista Waldemar Sorychta alla sei corde, Stuart Carruthers al basso ed ovviamente l’arrabbiatissimo Gus Chambers alla voce.
Il disco parte alla grande, e le prime sei tracce sono davvero mozzafiato: l’opener “Curse (of the Cloth)” in particolare è azzeccata e rappresentativa dell’intero album, con il suo alternarsi di atmosfere, il suo ritmo ossessivo ed il chorus che rimane subito impresso. Si continua con “The Answer” (stilisticamente simile al materiale di “Solidify”), “Prophecy” (un altro pezzo in classico stile Grip Inc. che mette in mostra l’eccezionale duttilità del singer Gus Chambers) e con “Endowment of Apathy”, un brano breve, sparato e ricco di stop’n’go.
“Enemy Mind”, infine, è senz’altro la canzone migliore del disco: un esaltante alternarsi di parti elettriche ed acustico/flamenco, con un grande chorus ed un ritmo trascinante. Eccellente!
Il sestetto iniziale si chiude con la adrenalinica “Skin Trade”, il brano più veloce ed old style del disco che perfettamente avrebbe figurato su “Power of Inner Strenght”.
Purtroppo nella seconda parte del disco (ma non poteva essere altrimenti) la tensione cala un poco, e non mancano alcuni momenti di stanca: è il caso forse di “Built to Resist”, la canzone più “epica” del disco (notevole la naturalezza con la quale vengono inserite delle partiture di violoncello) ma anche la più ripetitiva e meno longeva.
Meglio va con l’ipnotica “The Gift”, che mi ha ricordato molto il materiale di “Nemesis”, mentre “Privilege” è un altro brano piuttosto sperimentale che riesce a fondere in modo originale un drumming indiavolato, sinistri violoncelli e melodie orientaleggianti.
Si chiude con “Blood of Saints”, il pezzo più “slayeriano” del disco, e con la volutamente ossessiva “Man with no Insides”, dotata di grande ricchezza sonora senza per questo perdere in impatto.
Dopo numerosi ascolti, devo dire che il disco risulta tutto sommato scorrevole e soddisfacente, forte di prestazioni individuali ottime (su tutte, ovviamente, Lombardo e Chambers) ma soprattutto di una alchimia interna ormai praticamente perfetta.
In definitiva, “Incorporated” è un disco molto valido, che con ogni probabilità riuscirà a non deludere i fan ed allo stesso tempo farsi apprezzare, come consueto, per le proprie sperimentazioni. Bentornati!