Finalmente tra noi i GPS, fondati dagli ex Asia John Payne, Guthrie Govan e Jay Schellen.
Fedeli, come musicisti, ad una concezione del rock progressivo in quanto musica ricercata e di qualità, i GPS iniziano questa nuova avventura musicale sperimentando soluzioni fantasiose e di largo respiro, senza per questo limitarsi ai soli ed ampi settori del progressive e dell’hard rock melodico. Facendo così, Payne e soci costruiscono una decina di brani tutti piuttosto lunghi, articolati a più riprese tra passaggi più corposi e momenti decisamente soft (emblematica, in tal senso, “Written On The Wind”). Un processo compositivo, questo, che si snoda attraverso e per mezzo di una continua e certosina ricerca musicale da parte del Payne musicista, davvero abile nel duellare ad armi pari con le tastiere ed i synth del sempre in gamba Okumoto (Spock’s Beard) e la chitarra del talentuoso Govan. Le vocals e tutto il resto aggiungono, poi, profondità ad un lavoro di per sé già molto corposo, a volte sin troppo “alto” nei suoi rimandi musicali. Ottimi episodi, come la già citata “Written On The Wind” e la corpulenta “Heaven Can Wait”, di fatti, attestano in maniera inequivocabile le virtù di una band compatta e professionale, forte di un bagaglio di esperienza considerevole e di alcuni dei maggiori rappresentanti della scena.
Un album complesso e pretenzioso, che sa alternare momenti di pura estasi a qualche lievissimo e sparuto stallo compositivo. Ad un passo dal lavoro eccelso, i GPS si confermano comunque come uno dei migliori gruppi “emergenti” del settore, grazie ad un lavoro, questo “Window To The Soul”, davvero ispirato e competitivo.