I Masterplan sono tornati tra noi, e vogliono volare alto con il loro nuovo album intitolato “Aeronautics”. Il combo tedesco è composto dalle stesse persone del debutto: squadra che vince non si cambia sembra si voglia dire. Dopo l’eccellente album “Masterplan” ero veramente curioso, ma soprattutto ansioso, di ascoltare cosa sarebbero stati in grado di fare Grapow e soci. Si rischiava infatti, di non riuscire a scrivere brani all’altezza del primo lavoro. E questo sarebbe stato un vero e proprio peccato. C’è anche da dire che Grapow e Kusch e Lande non sono i primi venuti nel mondo del “music business” del Metal; ma l’aspettativa per questo nuovo album era molto forte.
Ma allora com’è quest’album? Posso affermare con tutta tranquillità che chi ha apprezzato “Masterplan” non resterà assolutamente deluso. Le canzoni seguono fedelmente quelle contenute nella precedente fatica discografica. Suoni di chitarra cupi e pesanti, voce bella grintosa di Lande (che ribadisco è uno dei migliori cantanti in circolazione), drumming serrato e tastiere mai invadenti, ma essenziali nelle orchestrazioni e nei soli, sono presenti anche qui. Il problema è proprio questo, però.
Le canzoni ricalcano troppo fedelmente le precedenti come se questo non fosse un nuovo album ma fosse la seconda parte del primo disco. Questo è quindi sia un male che un bene. Un male perchè non c’è nessuna novità, nessuna sorpresa; tutto è simile e, se vogliamo, già sentito. Un bene invece perchè essendo le canzoni sulla falsa riga delle precedenti, ed essendo queste ultime veramente ottime fanno si che anche le nuove siano ottime.
Il discorso è quindi tutto qui: qualcuno storcerà il naso per la netta prosecuzione e somiglianza con il primo disco, mentre qualcun altro lo loderà come un secondo grande album.

Personalmente ritengo che “Aeronautics” sia un buon album, ma proprio per la somiglianza con “Masterplan” non può raggiunere il livello di eccellenza. Ci fosse stata una qualche variazione sarebbe potuto essere magari molto migliore, o molto peggiore chissà.
Ma qui Grapow e soci hanno preferito rigiocare con le stesse carte, senza rimettersi in gioco. Un buon album ma non memorabile come il precedente.

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