EA, questi sconosciuti. Sconosciuti nel vero senso della parola, in quanto nonostante siano passati 6 anni dalla loro prima apparizione sonora, non ne conosciamo ancora i componenti (come del resto non li conosceremo mai, se vogliono continuare a mantenere il loro anonimato per motivi di immagine misteriosa che vogliono dare, per incuriosire il pubblico) e non sappiamo neppure il significato della loro lingua morta, o meglio, dei morti, sebbene sia alquanto attraente e affascinante; dunque , riescono perfettamente nel loro intento di creare un palingenismo linguistico.
Lasciandoci con il loro terzo e penultimo lavoro, AU Ellai (2010), eccoli riapparire con il loro nuovo ed ultimo album.
Appassionati del “doom emozionale” , fatevi avanti ad entrare in questo album, sdraiatevi per terra e bevetelo tutto d’un fiato : vi risulterà altresì un film da ascoltare, per le vostre orecchie. Vi aspettano atmosfere solenni e magiche, una manciata di secondi alla “Sanitarium” , facilmente individuabili (che non guastano come ricordo metallico), la voce “EA” del cantante e cori da contorno alle scene che più saranno gradite ad apparire ai vostri occhi chiusi nell’ascoltarlo . La spigolosità non esiste. Suoni lineari , talvolta morbidi, ma sempre nel rispetto dell’atmosfera sonora funeraria. Gli assoli di chitarra sono realmente emozionanti, paragonabili a lacrime per una donna che, probabilmente, in questi 47 minuti, con un po’ di immaginazione, potrebbe risultare anche a voi la stessa sensazione.
Scene epiche, lacrime , rabbia e naturalmente, morte : questo è l’insieme delle caratteristiche di tale album, dalle sonorità non particolarmente oscure, ma macabre assai.
Unico difetto : Mi aspettavo qualcosa di più adeguato al genere e con meno sinfonia , ma hanno rispettato il canone “doom emo” di cui sono portatori sani.
Unica nota: chi si annoia e manda avanti velocemente, non può assaporarne i “gusti sonori” di questo, a parer mio, bellissimo lavoro e rischia di sottovalutarlo.
“Buona visione”, nell’ascoltarlo.

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