Nati nel 1999 come progetto che si evolvesse parallelamente alle carriere dei singoli componenti, il supergruppo dei Westworld sembra ormai avere raggiunto una coesione ed un affiatamento degno delle migliori band di hard rock melodico attualmente in circolazione ed è ora pronto a conquistarsi il posto al sole che gli spetta di diritto. “Cyberdreams”, terza fatica in studio, è il disco perfetto per centrare questo obiettivo, grazie ad un’eccellente prestazione dei singoli, ad un azzeccatissimo songwriting e ad una superba produzione.
Non credo ci sia bisogno di presentazioni particolari per Tony Harnell (TNT), Mark Reale (Riot), Bruno Ravel (Danger Danger), John O’Reilly (Rainbow, Blackmore’s Night) e Josh Pincus (Ice Age, che però non fa parte ufficialmente del gruppo), se non sapete chi siano probabilmente non vi interessate a questo genere, e in questo caso non sarete nemmeno lì a leggere, per cui le salto a piè pari e mi butto sul disco, che poi è quello che interessa.
Rispetto al precedente “Skin”, per quel che mi riguarda altrettanto valido, questo nuovo lavoro presenta melodie più solari e meno caratterizzate da quel suono vagamente dark e malinconico che ha sempre contraddistinto il gruppo. Certo alcuni pezzi presentano in parte ancora questa caratteristica (What If, ad esempio, o qualcosa dell’iniziale Cyberdreamer), e si possono ritenere come perfetti anelli di congiunzione al passato, ma generalmente siamo qui di fronte a brani più allegri e frizzanti. Unico elemento comune (formazione a parte) è la straordinaria voce di Harnell, vero mattatore del disco, autore di una prestazione che definire maiuscola è davvero poco: leggero e delicato quando necessario (come, ovviamente, nella ballad Look To See), graffiante ed incisivo nei brani più duri e/o diretti (How Good It Feels, Righteous One), sempre caldo ed emozionante… in una parola grandissimo. Ottimo anche Reale, chitarrista solido e poco appariscente ma sempre puntuale, preciso e convincente.
I brani? Difficile scegliere di quale parlare, davvero. Inizialmente mi sono innamorato di When I Come Home, probabilmente perché la più diretta e orecchiabile, e non riuscivo a smettere di sentirla. Il successivo tormentone è diventato quindi A Million Miles, che oserei definire perfetta, sicuramente tra i migliori pezzi ascoltati quest’anno. Ma sono tutte ottime, credetemi, perfino la cover conclusiva, formula questa già adottata su “Skin” dove toccò ad Uninvited di Alanis Morissette, sebbene decisamente più tirata rispetto al sound proposto nei brani precedenti non sfigura davanti ai mostri sacri che l’hanno partorita. Ronnie James Dio è inarrivabile e sarebbe veramente difficile batterlo proprio sul suo campo, ma la versione dei Westworld del classico dei Black Sabbath è davvero convincente e riuscita, ne converrete ascoltandola.
In conclusione un ottimo disco che si piazza di prepotenza e senza troppa fatica nella personale classifica delle migliori uscite dell’anno del genere. Cercatelo e prendetelo, non ve ne pentirete.

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