Un passo indietro netto, limpido ed inconfutabile. Non serve molto all’ascoltatore di turno per constatare l’involuzione qualitativa e stilistica dettata dai cinquanta minuti di ‘Fly Paper’, nuova fatica dei Tiles.

I quattro musicisti a stelle e strisce ritornano sulle scene con uno stile fedele soltanto nella forma alle aspettative riservate da fan e critica a distanza di quattro anni dall’ultima uscita. Otto brani orientati a quel rock progressivo morbido e tecnico che è ha sempre scandito i passi di una band che ora si ritrova moscia e deludente a ripassare le regolette dei maestri del genere senza mai spiccare il volo. E’ così che la pesante, e sempre presente, ombra dei Rush la fa da padrone ancora una volta nel lavoro di una band che, a differenza delle precedenti opere, non riesce a compensare la carenza di personalità con un’adeguato coinvolgimento per l’ascoltatore. Otto prodotti in maniera ottima e suonati ancora meglio che, fin dal primo ascolto, irritano per la scolastica e sufficiente perfezione con cui sono proposti. Difficile scorgere picchi che sfuggano ad un trend fiacco e sgonfio tra strutture sempre simili tra loro, ritornelli senza mordente e quelle solistiche e strumentali che, nel voler staccare, vengono a risultare di difficile digestione finendo ben presto per stancare. Quella forma senza sostanza richiamata qualche riga sopra che costituisce il fardello di una band che nel citare disordinatamente Rush, Saga ed Asia perde il lume del musicista dando alla luce momenti da seminario, senza né la giusta chimica, né la giusta visione d’insieme. Parole dure, spietate che non devono indurre ad una catastrofe musicale per un’opera non povera di punti di interesse per i patiti del genere. Punti poco convincenti per chiunque altro, evanescenti e mai necessari per fare di questo ‘Fly Paper’ qualcosa di memorabile o paragonabile ad uscite decisamente più valide come ‘Fence The Clear’ o ‘Window Dressing’. Involuti.

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