I Symphorce giungono al fatidico terzo album con un cambio di etichetta, dopo i due precedenti lavori con la Noise Records. Molti di voi avranno notato che in formazione ci sono Andy Franck (Brainstorm) e Fredric Dupont (Freedom Call) il che potrebbe far pensare che la musica proposta dai Symphorce sia influenzata dalle due band più famose appena citate.
E qui si cadrebbe in errore a pensarlo, infatti mentre nei Freedom Call i coretti alla “happy metal” sono un marchio di fabbrica con canzoni molto veloci, i nostri ci presentano un album con riff pesanti e una struttura delle canzoni più lenta e meno gioiosa dimostrando una buona personalità. Con questo non voglio dire che la musica sia più pessimista, anzi è molto più riflessiva e meno diretta delle canoniche canzoni power. Nonostante questo ci sono momenti più prettamente power come nella veloce e aggressiva “Unbroken” che, pur risultando poco originale, si fa apprezzare soprattutto nel ritornello e con dei bei riff sufficientemente “panterizzati”; mentre l’iniziale “Speak My Mind” è quasi trascurabile, in quanto fa quasi solo da intro, nonostante non lo sia.
Quando parte la canzone successiva “Slow Down” sembra di ascoltare “Painkiller” dei Judas Priest, ma, fortunatamente, sono solo i primissimi secondi, perché poi la canzone prende tutt’altra piega in cui sono presenti continui cambi di tempo anche se in diversi momenti si ripresentano comunque alcuni riff ispirati dai Judas Priest.
Semplice, anzi semplicissima, nella struttura è quindi “Longing Home”, il cui unico punto interessante è il ritornello, seguita dal pezzo migliore dell’album “Moving In Circles” in cui chitarre e batteria serrate si uniscono ad un’ottima interpretazione di Andy Franck, un cantante che pensa più ad interpretare i brani piuttosto che dimostrare quanta estensione vocale abbia; bellissima la parte centrale in cui c’è un assolo di basso che precede quello della chitarre in stile orientaleggiante, ma soprattutto velocissimo.
Si predilige la melodia in “Falling Through Again” che alterna momenti rilassati ad altri più prettamente manowariani, ma in cui trovano posto riff secchi e decisi diversamente da “Your Blood, Your Soul” in cui i riff si fanno meno presenti per lasciar maggior spazio ai cori, che vengono messi in notevole risalto.
Un salto indietro nel tempo, e precisamente nel thrash anni ’80, ce lo fa fare “Rage Of Violence” che alterna primi Metallica a Megadeth con una punta di Kreator. Forse la canzone più aggressiva dell’intero album anche se ha qualche momento sottotono soprattutto nel ritornello.
Un salto avanti nel tempo ce la fa fare, invece, la seguente “Touched And Infected” alternando momenti quasi crossover con momenti più power thrash. Inaspettata è l’unica cosa che mi viene in mente.
Si conclude l’album con il brano più lento tra tutti, “Nothin’ Left” che non ho trovato particolarmente interessante, anche se si fa apprezzare nei momenti più pesanti.Questo è un album di power di chiara scuola americana, nonostante i cinque siano tedeschi, destinato soprattutto per gli amanti del power più lento, ma non per questo meno aggressivo ed incisivo.
Un buon lavoro che dimostra le ottime potenzialità di questa grande band. Sono sicuro che questo album piacerà a molte persone. Tenetelo in forte considerazione.

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