Al Pubblico Nemico, come sottotitolano i suoi autori, è un “Manuale di Sopravvivenza”. Centodieci pagine, centodieci specchi. Si riflette e ci si riflette, per identificarsi non come lettori ma come utenti. Tali specchi, non sono specchi comuni, ma specchi sociali e virtuali, quelli che utilizziamo ogni giorno per identificarci in qualcosa o in qualcuno che vorremmo essere, ma che per sopravvivere, adottiamo. In che modo? Beh, semplice: se sapete scrivere, questo non farà di voi degli scrittori; se sapete accoppiarvi, questo non farà di voi dei pornoattori.
Saper leggere – in questo caso – farà di voi dei lettori e se comprenderete il senso del libro, farà di voi dei geniali lettori. Al Pubblico Nemico, indossa un vestito dai colori classici, rilassanti, quasi romantici: è vestito di romanzo. In fronte copertina, l’acrilico di Giancarlo Contu, con la sua “Isole”, prepara la fantasia del lettore utilizzando un volto di donna, trasformato a contatto con l’acqua: una donna sabbia, una donna isola, creatura unica, dalle molteplici espressioni a contatto di un liquido che, al termine del libro, sarà fondamentale per capire come la carne, strettamente connessa all’Anima, sia plasmabile dalla forma liquida, dalla mente, dalle parole, dall’Arte. Il retro copertina, riporta una frase bianca su sfondo nero, che sembra tatuarsi nella mente di chi legge, suonando come una rassicurazione, che prende per mano, carezzando l’anima : “Vorrei che tu guarissi Anima, ecco tutto”. Pare quasi che che Chiara Daino e Massimo Sannelli, abbiano compiuto un passo inverso, un passo verso la normalità(?) e l’accondiscendenza al lettore, ma fidatevi, nulla è come appare. No, non accarezzano l’anima, ma la guariscono. Come? Stuzzicandoci, confondendoci, frustandoci, prendendoci e sbattendoci per terra con forza, per rialzarci e schiaffeggiarci, per poi baciarci e abbracciarci, con passione e con freddezza, con tenacia e con fierezza, come farebbe il nostro migliore amico, o come dovrebbe fare e invece, noi, troppo spesso, lo confondiamo con il vero nemico, quello che ricopre di belle bugie e nasconde orribili verità; quello ottimo per ubriacarsi, ma che odiamo se in lui il vino si fa veritas.

Al Pubblico Nemico è un manuale di sopravvivenza e per sopravvivere bisogna imparare. Imparare a scrivere, parlare, argomentare, suonare e giocare sapientemente sia con gli strumenti che, soprattutto, con le parole; imparare ad esistere, ad essere, a conoscere, a conoscersi: a ri-conoscersi. I creatori, anzi, i Geni-tori, di questa breve e intensa opera, non sono cattivi: sono crudeli. “Così è se vi pare”, citando qualcosa di a voi conosciuto. Eh sì, perché si parla di citazioni, di ciò che conosciamo, talvolta improvvisiamo o copia/incolliamo, perché esprimersi è un diritto, ma spesso, per mancanza di tempo, di idee e di coraggio, preferiamo citare alt(r)i Autori, per non sfigurare, per sentirci parte di qualcosa; dell’evidente e dell’evidenza del nostro sapere, che a cospetto di questi specchi, diventa non sapere. La struttura del libro si compone di una prima parte in poesia, quella poesia fatta non (solo) per passione, ma come vocazione. E lo si vede da come sono rielaborati e adattati i testi delle canzoni, riportate in nota, a fondo pagina. Non sono le uniche note presenti, o meglio, compaiono altri tipi di note, più o meno evidenti, basta stare attenti.
Le Poesie, rielaborate appositamente per noi, come dono, come espressione alternativa e profonda, danno un ritmo, una cadenza, un suono apparentemente inaudibile alla nostra lettura, inaudito. Siamo noi quel Pubblico Nemico che, come ha cantato qualcuno e come canteranno gli Autori, è il nemico degno. La seconda parte del libro, in prosa, sarà utile a molti utenti di Heavy Metal.it; sarà utile a tutti i musicisti, a tutti i “nuovi” creativi, artisti: una breve ed esemplifica descrizione di ogni tipologia di chitarrista, bassista, batterista, tastierista e cantante, come pure di scrittore, critico, traduttore, paroliere, agente, attore, politico, educatore, editore, personaggio, etc, etc… La figura del “personaggio”, a parere mio, è la chiave di lettura di tutte le figure, di tutto il libro. Descrizioni che potranno dipingere tristezza e astio sui nostri volti, come pure potranno dipingere ilarità, divertimento e tregua: è un piccolo inferno, per noi comuni mortali e non immorali, che i due autori ci propongono, partendo da una comprensibile prefazione sulla bontà della comunicazione del libro (Che cosa è? Cosa vuole dire? Chi è il Pubblico Nemico?), passando attraverso la Poesia, come detto poco sopra e, successivamente, attraverso una seconda parte in prosa, la parte che pone “tregua cerebrale”, quella più vicina al nostro linguaggio medio, più vicina al nostro modo di leggere e comprendere. In un mondo dove tutti possiamo diventare qualcuno in un breve tempo, in cui preferiamo similitudine e non metafore, possiamo essere anche dissacrati e maciullati dalle verità, dalla realtà. E se esistono tante verità, credetemi, quelle che sono descritte in questo libro sono quelle che più si avvicinano alla realtà. Ognuno faccia il suo mestiere, ognuno impari un mestiere e si specializzi in esso. Ognuno, ovviamente, può fare ciò che vuole per la sua vita: qualcosa è predetto, molto è elemosinato, nulla è come sembra, tutto è apparenza, il Nulla è servito, il Tutto è costruito.

In breve, ricapitolando, questo libro parla di noi, ma parla anche di loro, degli stessi Autori, i quali prendono le nostre figure, i nostri personaggi che creiamo ogni giorno, per sopravvivere. Ci vivisezionano l’anima: la mente. Ci consigliano di non abusare di certi verbi, di non abusare del Verbo, come parola: “Il verbo dei profeti è scritto sottoterra, sui muri, in mattoni semplici”; abusiamo fin troppo della carne e i nostri riferimenti, volenti o nolenti, saranno sempre Dante e Dio, gli Onnipotenti (mi è scappata la rima). Dio è Amore, ma Amore è “o martire o Boia”, l’ Amore “è una targa, un marchio pratico, ed il marchio è un maschio sadico”; bacchettano ogni più piccola parte del nostro modo di essere apparente, i nostri difetti, provocando anche chi crede di essere “arrivato”, anzi, provocando proprio coloro che si riempiono la bocca credendo di essere qualcuno per scoprirsi poi davanti a certi specchi e vedersi tornare bambino, ma “Bimbo grande non piange”. E su questo non aggiungerò altro, ci penserà il libro a farvi da accompagnatore, da educatore alla propria persona e non al proprio personaggio, alla propria Anima, intesa come complesso culturale da accrescere e curare.
Il mio consiglio è quello di non leggerlo una volta e neanche di gettare la spugna alla prima incomprensione. Questo libro è una missione non impossibile che riesce a far riacchiappare dignità, sicurezza e libertà: non c’è cosa meno libera di essere intrappolati in personaggi, perché un personaggio va mantenuto nel tempo e non siamo attori eterni, poiché abbiamo antidoti e destini preconizzati, tutti, ma proprio tutti. LasciateVi illustrare e trasportare (non non è uno spot pubblicitario), lasciatelo fare a chi del verbo ne fa il proprio nettare, a chi ha la pelle che profuma di carta e tabacco, chi ha gli occhi stanchi, stanchi di assistere alla macellazione sociale, letteraria e artistica e se avete tutte le carte in regola per sentirvi parte di quel modo descritto, fatelo e fatelo fino in fondo, capendo il senso ironico e provocatorio del libro: vi sentirete più forti, rigenerati e dalla parte degli Autori, i quali non vogliono fare lezioni di vita, vogliono solo mostrarla.
Senza esagerare, posso affermare placidamente che non necessita uno psicologo per riappropriarsi della propria persona e personalità: le parole contenute in questa piccola e brillante Opera, se assorbite, riusciranno a farvi liberare l’anima, a non essere artisti di voi stessi, per compiacere, ma essere voi stessi, per piacervi (“E per piacere!”). Esprimersi è un diritto, ma bisogna stare attenti.

Concludendo, gli autori salutano e ringraziano. Riuscendo a superare questa dura prova di lettura, che si pone come un vero e proprio clistere dell’anima, Daino e Sannelli, riconoscono che non si è nemici degni, ma solo degni. Vogliono guarirci l’anima, “ecco tutto”, facendo riflettere e giocando responsabilmente con le parole. Voi vi chiederete e cosa c’entri con il Metal e con la musica? Beh, rispondo in maniera più o meno criptica, affermando che i cuori borchiati non hanno sesso, non hanno età, ma hanno un martello divino che scandisce con versi i nostri lamenti, le nostre insicurezze, i nostri personaggi, scarnificando la nostra persona. Se leggerete attentamente, potrete sentire il suono di questo libro: viscerale, assordante, a tratti acuto e spaventoso quasi quanto il canto di una Sirena, forse, quella che ritroviamo in copertina.

Chiave personale di lettura: “Non bisogna capire, non bisogna capirsi, ma riconoscere e riconoscersi.”
Consigliato ad un pubblico maturo.

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