Attivissimi fin dai primi anni ’90, con una lista infinita di demo e mini autoprodotti, i finladesi Spiritus Mortis sono una delle prime band dedite al doom nel loro paese. Con questo secondo full-lenght approdano alla greca Black Lotus, disco che ci appare come il lavoro di una macchina ben rodata, dimostrazione che anni di gavetta pagano. I brano scorrono tutti con piacevole scioltezza, assestati su una durata media tra i 3 e i 5 minuti. Il songwriting in generale è molto buono, anche se lascia intendere palesi influenze di Black Sabbath o Candlemass, specialmente queste ultime nelle vocals del buon Vesa Lampi. I brani spaziano tra quelli più rocciosi, come l’opener “New Age” o “Divine Wind”, a quelli più di matrice doom classica come “The Omen” o “All This In The Name Of Love”, non trascurando anche brani più oscuri e rallentati come “Something Came And Killed” o “All The Words Were Spoken”. Non mancano episodi di matrice prettamente settantiana, come “Wasteland”, dove abbonda l’ultilizzo dell’organo hammond. Degna di nota la conclusiva “Goodbye”, una ballad di sola voce e tastiere che mette in evidenza la splendida voce del singer, malinconica e romantica allo stesso tempo.

Buon materiale non c’è che dire. Per chi divora pane e Black Sabbath sicuramente sarà un disco che si farà apprezzare per la sua qualità, rimanendo comunque coscienti del fatto che non si troverà nulla di nuovo sotto il sole. Per gli altri rimane un disco discreto del genere, divertente e piacevole.

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