I Rage Against The Machine (da ora li chiamero’ per comodita’ semplicemente RATM) hanno rappresentato nei primi anni novanta il perfetto connubio fra l’anima metal che regnava in quel periodo e le contaminazioni che si stavano facendo man mano sempre piu’ strada all’interno del movimento stesso, in particolare elementi funky e rap. Il loro album omonimo e’ tuttora considerato come uno dei migliori in ambito crossover e vista la qualita’ dei singoli brani come dare torto a queste affermazioni? Il carisma di De La Rocha e’ sicuramente uno dei perni del disco, ma ogni elemento e’ al limite della perfezione, Tom Morello e’ un chitarrista di primissimo piano, capace di assoli fulminanti unito ad un gusto per la ritmica raro da trovare in un solo artista, ideale in tutto questo la sezione ritmica potente ed affidabile.
Parlando dei RATM non si puo’ evitare di mettere in risalto i testi caratterizzati da un forte impegno politico e sociale e la loro provenienza losangeliana, elementi importanti che si ritrovano anche nella loro immagine presentata sui palcoscenici durante le esibizioni live. Proprio la dimensione live diventera’ un elemento fondamentale del gruppo costandogli, in verita’ anche non pochi problemi di ordine pubblico e di critiche non sempre costruttive.

La partenza del disco e’ devastante con due brani esplosivi come “Bombtrack” e, soprattutto, “Killing In The Name”: sia dal punto di vista lirico che da quello piu’ strettamente musicale i RATM sono un assoluto estremo, per questo o li si adora o li si odia senza mezzi termini, almeno chi va a fondo alle tematiche che trattano. Sulla stessa falsariga i testi delle altre canzoni ma diverse le impostazioni sonore, con la piu’ calma “Take The Power Back” dove De La Rocha e compagni si soffermano piu’ sull’attacco verbale che su quello ritmico trovando soluzioni ottime attestandosi su livelli eccellenti anche in questa veste meno aggressiva. Quello che fa da distinzione a questo gruppo e’ proprio l’aggressivita’, il voler dire a tutti i costi quello che hanno in mente senza compromessi, “Wake Up”, “Fistful Of Steel” sono tutte canzoni votate alla denuncia sociale, denunce supportate da una continua attivita’ live anche in posti dove i RATM si trovavano a suonare gratis.
La loro prima parte di carriera e’ stata caratterizzata proprio da questo tipo di atteggiamento (infatti fecero passare ben quattro anni prima di pubblicare il loro secondo disco “Evil Empire”), “RATM” rimmarra’ il loro unico disco per diverso tempo ma l’eco dei loro infuocati concerti aumento’ a dismisura la loro fama e il disco stesso quindi ebbe dei risultati commerciali di tutto rispetto. Tornando al discorso puramente musicale sono da sottolineare alcuni aspetti, primo fra tutti il fatto che De La Rocha oltre al carisma e’ stato capace di imprimere al suono del gruppo una impronta personale e riuscitissima, il mix vocale di Zack e’ un continuo alternarsi di parti tradizionali e cantato rap, il tutto vitaminizzato dall’energia animalesca del frontman. Stessa energia presente in Tom Morello, chitarrista moderno e versatile, come dicevo in precedenza capace di stupire anche come solista, ma che nel riffing ritmico aveva forse la sua arma migliore; rodata ed affidabile da sezione ritmica (fondamentale in un gruppo come i RATM) formata da Tim Commerford al basso e Brad Wilk alla batteria.

Un disco di quelli che va sentito con i testi a portata di mano, in particolare la prima volta, il coinvolgimento e’ totale ed assicurato cosi come il valore che, a distanza di oramai tredici anni, rimane immutato.

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