La reunion è un fenomeno ormai a dir poco diffuso in tutto il mondo metallico. Sono innumerevoli le formazioni che hanno deciso, chi per un motivo e chi per un altro, di sotterrare l’ascia di guerra e dimenticare i dissidi interni, o chi più semplicemente si era lasciato amichevolmente e decide di comporre qualcosa di nuovo. I Pestilence sono un po’ un caso a parte, nel senso che il side project che stava mettendo in piedi il mastermind Patrick Mameli si è rivelato il giusto escamotage per donare nuova vita alla sua band principale, visto che le songs erano molto simili al vecchio stile. Line-up praticamente ritornata ai primi tempi, con Mameli alla voce e chitarra, Tony Choy al basso e Peter Wildoer alla batteria, con l’aggiunta recente del già conosciuto Patrick Uterwijk sempre in veste di guitar player.
Per chi non li conoscesse o li avesse solo sentiti nominare, i Pestilence sono stati uno dei gruppi più influenti di sempre nella scena del death metal tecnico ed intricato, considerati fra i migliori assieme a Cynic, Atheist o Necrophagist. Ed è proprio questo genere che sta andando di moda in quest’ultimo periodo, vedi ad esempio gli enormi consensi che stanno raggranellando ad esempio gli Obscura, giovane band nella quale milita fra gli altri Jeroen Paul Thesseling, ex membro proprio dei Pestilence stessi. Questa premessa era necessaria per far capire l’origine stessa della musica dei nostri, e per fare un avvertimento. Per chi avesse amato “Spheres”, capolavoro di tecnica e perizia strumentale, può pure fermarsi qui, perchè il nuovo “Resurrection Macabre” è letteralmente un’altra cosa. Non tanto per i suoni, visto che stiamo pur sempre parlando dello stesso ensemble. Ma piuttosto per la radicale semplificazione dei pezzi, che assumono una veste più easy-listening, aumentando il proprio range di ascolto e arrivando a piacere magari anche a chi non è poi molto avvezzo a partiture a tal punto intricate.
Se da una parte quindi è da apprezzare la voglia di svecchiare un po’ il suono con qualche escamotage che si pensa non vada a sconvolgere così tanto il risultato finale, dall’altra c’è il grossissimo rimpianto di dover assistere ad un cambiamento che personalmente non ho per nulla apprezzato. Parliamoci chiaro: chi ascolta i Pestilence perchè lo fa? Credo sia superfluo rispondere, visto che l’unica plausibile risposta è quella dell’avere voglia di scoprire il disco di ascolto in ascolto, analizzando con cura tutte le diverse sfumature alle quali i nostri ci hanno abituato. Quindi è come se questo nuovo opus discografico mancasse di qualcosa, risultando come incompleto. Certo, il talento è rimasto e in alcuni frangenti si sente eccome. Ma si tratta “solamente” di un semplice disco di discreto death metal, nulla di più. Da una reunion è lecito aspettarsi sempre il massimo, cosa che in questo caso non è accaduta. Se devo ascoltare certe tracce più semplici preferisco gettarmi a capofitto sugli Obituary o alcuni brani dei Deicide ad esempio, ma dai Pestilence e compagnia bella ci si aspettano sempre violenza e giochi ultratecnici, complessi al limite delle possibilità umane.
Sufficienza raggiunta a malapena dunque, speriamo che sia solo un po’ di ruggine accumulata negli ultimi anni, e che il prossimo capitolo ci possa riconsegnare la formazione olandese nel pieno delle sue forze.

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