Anche quest’anno il Paganfest ha toccato il suolo bolognese con cinque band di tutto rispetto delle scena musicale del momento, rafforzando ancora una volta la diffusione di un sottogenere metal che annovera numerosi fans in tutta la penisola. Infatti, sono moltissime le persone accorse da tutte le parti d’Italia, ma relativamente poche rispetto alla capienza totale della struttura,  che ha garantito ai partecipanti 5 ore di grande musica metal con la possibilità di buttarsi nella mischia del wall of death o del circle pit. Ma questa edizione 2012 verrà ricordata fondamentalmente per due cose: l’assenza dei Korpiklaani e per la seconda apparizione italiana in carriera dei Primordial .
In dettaglio il Paganfest di quest’anno vedono band meno “d’osteria” per lasciare il posto ad un folk con un sound più ricercato e tecnico, cercando anche di variare un po’ il tema del festival, che sicuramente alla lunga rischierebbe di annoiare il pubblico europeo.

Si incomincia con i “band islandese di folk psichedelico, che salgono sul palco prestissimo, contando che l’Estragon si presenta ancora totalmente vuoto e molte sono le persone che dovevano entrare. Nel complesso la band riesce ad avere un’ottima preformance live e garantisce un particolare ascolto di folk ai pochi presenti, che apprezzano senza però dimostrarlo appieno. Nell’esecuzione del brano “Fjara” si percepisce il salire dell’adrenalina , ma non ci sono particolari sollecitazioni da parte della band stessa o di qualche esaltato del pubblico a movimentare i pochi presenti. La band di Reykjavik viene in questo modo un po’ sacrificata in questo festival nonostante i brani musicalmente orecchiabili e una tecnica strumentale di alto livello; insomma un’apertura non proprio con i fuochi d’artificio quella di quest’anno.

Mentre l’Estragon si riempie e incomincia finalmente ad intravedersi un po’ di gente, sul palco avviene invece il cambio della guardia con gli olandesi ”Heidevolk”, che si dimostrano sin da subito esplosivi. Numerosi sono anche i fans italiani della band che, caricati a dovere da un performance sopra ogni aspettativa, danno inizio al primo pogo della serata coinvolgendo numerose persone . Pur non brillando per tecnica o originalità nei testi, la band si presenta preparata all’evento riuscendo a coinvolgere più o meno tutti gli spettatori. Apprezzabile è la voce di  Mark Bockting, anche se ancora si hanno difficoltà a capire a pieno l’utilità del secondo cantante nel gruppo. La band conclude sulle note della cover Vulgaris Magistralis molto apprezzata dai presenti, salutano il palco bolognese.

Si prosegue con i rumeni “Negură Bunget”, che offrono una prestazione convincente ma non paragonabile agli olandesi. La band relega nel dimenticatoio la propria anima folk e si presenta con brani più black metal del loro repertorio. Apprezzabile è l’utilizzo di strumenti tradizionali trasilvani che conferiscono ai brani un sound molto particolare, azzarderei a dire unico. Nonostante la grande tecnica strumentale sul palco, sono stati molti gli spettatori rimasti un po’ delusi per non essersi potuti scatenare a pieno sui brani più energici o “cattivi”. Infatti la band durante questa tappa a Bologna, è rimasta un po’ in ombra non ricevendo il tributo meritato, diciamo che l’intera scaletta delle band nel festival è stata parecchio discutibile. Da sottolineare l’esecuzione di un nuovo pezzo, che sarà presente nell’album di prossima uscita. I vampiri concludono la loro serata con il brano “Dacia Hiperboreană” e salutano calorosamente il pubblico.

Abbiamo da poco superato metà del festival e il pubblico sembra carico, ma non riesce a sfogare la propria energia come vorrebbe. Le occasioni di pogo e di gente scatenata per ora, non è moltissima e si possono contare sulle dita, insomma c’è una volontà a risparmiarsi per una band in particolare o un  momento importante manca solo l’occasione per far esplodere l’Estragon. Infatti è con i “Primordial” che il pubblico bolognese si fa sentire a pieno e da il meglio di sè. Gli irlandesi mancavano da un live nel nostro paese da ben 12 anni, cioè quando fecero da spalla al tour degli Immortal nel lontano dicembre 2000. La devastazione totale si presenta quando il gruppo dublinese di Alan Nemtheanga e soci sale sul palco, numerosissimi sono i fans che attendevano il loro ritorno e non trattengono il loro entusiasmo e si fanno sentire, cantando su ogni brano e lasciandosi andare in ogni circostanza. Nonostante la band parta con brani piuttosto lenti, ma comunque apprezzabili come “Heaten Tribe” i  Primordial non tardano a creare devastazione, infatti è con  “Lain With The Wolf” e soprattutto con la violenta “No Grave Deep Enough” che la band da il massimo in termini di performance live e coinvolgimento del pubblico, che si diverte e partecipa attivamente. La scaletta è stata scelta per la maggior parte nei brani degli ultimi due album della band prediligendo brani più contemporanei del loro repertorio, unica eccezione fa la splendida “The Coffin Ships”. Nonostante un’apertura un po’ triste la band conclude alla grande con la favolosa Empire Falls dove  da citare è la prestazione di Alan che per carisma e capacità vocale rimane sicuramente uno dei migliori artisti che è salito sul palco nella serata. Il gruppo saluta scusandosi apertamente con i fans italiani per la poca attenzione verso il nostro paese nell’ultimo decennio e promette di tornare il prima possibile.

Il festival si conclude con uno dei gruppi che ha avuto in brevissimo tempo una produzione discografica da record, riuscendo a sfornare numerosi full-length di grande sound e tecnica strumentale, partorendo brani unici, confermano la loro posizione di predominanza tra le band folk metal a livello europeo e anche planetario. Stiamo parlando degli svizzeri Eluveitie, che dopo l’uscita del loro ultima album  “Helvetios “ rilasciato a febbraio, si accingono a presentalo live ai propri fans che non tardano a elargire forti consensi. Numerosi sono i brani dell’ultimo Cd ma tuttavia gli elvetici non dimenticano il proprio passato e con pezzi come “Nil” e “Tegernako”, ma soprattutto “Inis Mona” riescono a creare un pogo devastante di tutto l’Estragon. L’impatto live di questa band è qualche cosa di spettacolare, riescono a far saltellare anche il fans con le chiappe più pesanti e non deludono rispetto ai brani in studio, che invece risultano strumentalmente e tecnicamente più curati e decisi. Sicuramente è divertente guardare la successione di numerosissimi strumenti delle più svariate forme, suoni e peculiarità, tutta strumentazione caratteristica delle loro terre e anche se alcune volte inusuali rimangono sicuramente i più folkloristici della serata. Da citare è la cantante Anna Murphy, che oltre a suonare la particolarissima ghironda, si tuffa in un paio di prove vocali davvero impressionanti. La scaletta degli “Eluveitie” scorre liscia e la stanchezza sembra svanire, senza mai annoiare, anzi concludendo alla grande con: Scorched Earth, Calling the Rain e Havoc.Gli elvetici salutano il pubblico bolognese e lo ringraziano per il loro supporto dando appuntamento per il prossimo anno.