Avere un proprio negoziante di dischi di fiducia ha i suoi vantaggi, non si può negarlo. Entri per guardare cos’è arrivato, e oltre a trovare con piacere un cd che prontamente è arrivato dopo averlo ordinato tempo prima, ti viene proposto dal buon venditore, che conosce bene i tuoi gusti, un nuovo disco di un gruppo che hai sentito solo nominare e, dopo che gentilmente te lo ha fatto ascoltare per evitare di comprarlo a busta chiusa, decido felicemente di acquistarlo. Il prodotto in questione non è altro che il nuovo opus discografico degli americani Kylesa, ovvero “Static Tensions” già conosciuti dal sottoscritto, ma solo per una cover finita sul bel tributo agli Eyehategod.
Cominciata la carriera come gruppo prettamente Sludge, i nostri si sono un po’ evoluti col passare degli anni, arrivando ad inglobare nel loro sound elementi un po’ differenti che si rifanno al post-core e anche in qualche modo a quello fatto dai grandissimi Mastodon. La matrice principale che però caratterizza tutte le songs è prettamente rock, un rock che per certi versi anche agli ultimi Voivod, con elementi davvero “martellanti” e oppressivi che sanno però essere lineari e in qualche attimo anche più melodici. La band non tradisce il proprio passato sludge, e lo si percepisce specialmente in alcuni stacchi a dir poco pesantissimi, e in generale nell’atmosfera quasi alienante che si respira scorrendo la tracklist.
Altra grandissima qualità di questo album, è la sua compattezza. Non c’è nessuna canzone che emerge fra le altre, sono davvero tutte di ottimo livello, si assestano tutte in un insieme unico, impacchettato a dovere, che costringe piacevolmente l’ascoltatore a godere del disco tutto d’un fiato, senza pause. Non ci sono cali di tensione, nessun filler e nessun riempimento inutile, solo della buona musica, ben suonata, coi giusti suoni e la giusta attitudine. Un plauso particolare lo voglio fare anche alla voce, che calza a pennello con la parte suonata, praticamente è una via di mezzo fra un cantato più pulito ed uno più estremo, che porta chi ascolta a domandarsi davvero se si stia sentendo un urlo oppure no. Un effetto stranissimo ma convincente, che non avevo mai sentito.
Ultimo punto a favore non si può non farlo al bellissimo artwork, sia della cover che del booklet, devvero particolare e personale. Insomma, un ottimo full-length, consigliatissimo ad amanti di sludge e post core, che conferma quanto di buono i Kylesa abbiano fatto finora e, si spera, continueranno a fare.

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