Arrivano dal Brasile gli Hangar, band che già conoscevo per aver sentito di sfuggita il loro precedente lavoro e che già allora mi colpirono. Tornano alla carica con questo nuovo “Reason of your conviction” e lo fanno mantenendo le stesse linee del precedente lavoro. Suonano un ottimo power metal, quel power metal non asfittico e noioso, ma piuttosto un power velato di manie di grandezza dal sapore prog, con tastiere che ogni tanto cercano di prendere il sopravvento su tutto lanciandosi in contorsionismi circensi, ma in fin dei conti non così pesanti da coprire quanto di buono riesce a fare il resto della band. Band che è composta, è bene ricordarlo, dal batterista degli Angra, che con la sua verve riesce a creare, aiutato e supportato dalle chitarre, un sottofondo decisamente pesante, quasi teutonico, al sound generale del combo, che dunque risulta decisamente variegato e ampiamente godibile.
La voce di Nando Fernandes è sempre precisa e raggiunge tonalità ottime.
Un inizio quasi horror, con tanto di porta cigolante che si apre (molto Thriller di Jacksoniana memoria, così come la successiva voce fuori campo, glaciale e imperturbabile) spiana la via alla opener “The Reason of Your Conviction” che si snoda subito su quelle che saranno le linee guida di tutto il lavoro, con una batteria in primo piano, mentre le tastiere restano schiacciate da un riff molto più classic che power, trovando sfogo solo da metà song, sempre sospinte da un drumming imponentissimo. Drumming che è il vero protagonista del vero punto forte del disco, la successiva “Hastiness”, grandiosa song velocissima e particolare, un esempio di variazione sul tema power come da tempo non ne sentivo, con tanto di voci distorte a fare da sottofondo (quasi black) in alcuni brevi frangenti, prima che la batteria si riprenda il suo ruolo di protagonista, per lasciare spazio alle tastiere prima e alla chitarra poi, per 4 minuti e passa di puro godimento. Si rallenta su “Call Me in The Name Of Death”, un momento di relax prima di “Forgive The Pain”, anche questa con Priester in grandioso spolvero, prima della aggressiva “Captivity”, song più rude delle precedenti e interrotta nella sua continuità da un corpo di sola musica di altissimo livello, ma forse troppo ridondante, che pare perdere un po’ la strada tracciata dalla prima parte della canzone, lanciandosi in evoluzioni molto prog. Ottima “Forgotten Pictures”, il cui assolo di chitarra rimane impresso nella mente e certamente farà esaltare i fan sotto il palco, unito anche al ritornello orecchiabile e genuino.
Difficile commentare “Everlasting Is The Salvation”, che contiene in sè troppi elementi differenti e discordanti, dalla voce narratrice femminile a stop and go di batteria, cambi di ritmo in continuazione e voce che spazia da tonalità quasi parlate ad altre altissime… Un po’ caotica.
Tutto il contrario si può dire della successiva “One More Chance”, il cui ritmo è meno forsennato di tante altre song del cd , ma risulta estremamente concreta seppur non originalissima, presentando anch’essa alcuni cambi di tempo molto prog. Tutti i componenti della band qui si prendono un loro piccolo spazio, quasi a volersi far aprrezzare ancora una volta prima della finale “When The Darkness Takes You”, che ci ricorda come nonostante tutto il fondamento di questo gruppo sia il power. Un power pesante e ricco, che ci ha donato un ottimo album. Ma allora in Brasile non c’è solo la samba e il carnevale!!!!

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