“La forma più antica cui si possa risalire, percorrendo a ritroso la storia di una parola”… etimo.
In questa sede, in realtà, non occorre andare troppo indietro nel tempo: siamo nel 2014, nella mia amata Torino, ed i protagonisti di questa storia che suona, nel senso più letterario del termine, sono cinque ragazzi, che fanno della loro passione una band. ETIMO, appunto, al cui appello rispondono:
- Matteo Prencipe – voce
- Stefano Francia – basso
- Alessandro Morea – chitarra/cori
- Giulio Arfinengo – batteria
- Alex Catania – tastiera/chitarra/cori
Si tratta di una rock band, come loro usano definirsi, con influenze hard rock, indie, qualche prestito dall’elettronica e, in madre patria veritas, dalla musica italiana.
Il loro curriculum vanta svariate partecipazioni a contest musicali, che permettono loro di portarsi a casa diversi premi e riconoscimenti, tra cui quello di band più votata dal pubblico… senza ombra di dubbio un buon traguardo per chi ha fame di successo nell’epoca dove i social fanno da padroni.
E così, tra un’ emergenza festival ed un rock targato Italia, arriviamo al 12 giugno 2015, giorno in cui vede la luce il primo album firmato ETIMO: “Spirito Guida”, disponibile, per chi ha voglia di arricchire il proprio udito, su tutte le piattaforme streaming e store digitali.
Quel che preme fare a me, or ora, è dire cosa mi ha lasciato questo primo loro CD… Ho sicuramente avuto modo di ascoltare dei giovani musicisti (anagraficamente e professionalmente parlando) che hanno, in questo caso, deciso di fare una grande, quanto azzardata, scommessa: cantare in italiano un genere che, per storia e vissuto, difficilmente si sposa con la lingua dello stivale, e che risponde al nome di metal. Intraprendenti, quindi.
Delle 8 tracce che compongono l’album, vorrei evidenziare il valore aggiunto dato dal quarto brano in scaletta, “Voglio un piano B”, diventato inoltre un videoclip che invito chiunque ne abbia voglia, ad andare a vedere.
Sonorità intense, forti e arrabbiate fanno da allestimento scenico all’intero CD. Una voce di fronte alla quale non si può rimanere impassibili; batteria, basso, chitarra e tastiere a tratti mature e sorprendenti, a tratti acerbe e work in progress.
Più di mezz’ora di ascolto e sembra quasi che il tutto sia meno della somma delle parti. Gli ingredienti ci sono, occorre forse mescolarli quel quanto basta per proporre un lavoro accattivante.
Wake up and destroy! D’altronde se la cantano e se la suonano anche loro. Autoprodotti, fatti in casa, made in Italy. E, visto che gli spacciatori di certezze non piacciono proprio a nessuno… Dateci dentro ragazzi, buon lavoro e rimaniamo in attesa del vostro secondo, impellente, pupillo :-)