“Epic” è il titolo della nuova creazione Borknagar, gruppo che col tempo è riuscito giustamente ad affermarsi nella scena black e ormai può rivendicare uno dei posti più in vista nel panorama del black-viking, tinto negli ultimi anni di un certo tecnicismo prog. Sicuramente uno degli aspetti che più risaltano ascoltando quest’opera dei norvegesi è la spiccata vicinanza alla precedente realizzazione, quell’Empiricism che tanto aveva fatto parlare di loro e della loro nuova veste, meno mistica forse e più tecnica, ma che riusciva sempre a mantenere quell’epicità che ormai è segno distintivo della band (e il nome scelto per l’album non fa che avvalorare questa loro ricerca).
Con Epic abbiamo un lavoro che non propone gran che di nuovo rispetto alla prova passata, ma offre comunque altre dodici canzoni tutte molto valide, con melodie raffinate la cui dolcezza viene accresciuta dal meraviglioso cantato pulito di Vintersorg, già membro Borknagar da Empiricism, che insieme a Lars Nedland, membro anche dei noti Solefald e Asmegin, ha sicuramente contribuito a un’evoluzione del gruppo che ora può vantare di avere un suono che rappresenta un unicum rispetto alla restante situazione norvegese.
I brani complessivamente appaiono più solari, le questioni su cui si interrogano sono più sottili e nebulose che in passato; i testi si tramutano in sorte di interrogativi di un viaggiatore alla scoperta della propria identità e natura, congiunto alla terra da vincoli di libertà e mistero, più che da tradizioni e aneddoti arcaici.
L’epicità delle tracce è mantenuta forte dalle chitarre, mentre le tastiere creano delle suite che talvolta ricordano molto da vicino il progressive rock sognante degli insulari ELP, avvolgendo tutto in una dimensione onirica che non fa che incrementare l’attrattiva dei brani (la settima “Relate” o la decima “Inner Ocean Hypothesis” sono una prova vivissima di questo).
Certamente la novità rispetto a Empiricism rimane misera, e gli esiti al confronto di quel capolavoro possono sembrare addirittura peggiorati, se si ascolta anche la voce dello stesso Vintersorg che ha perso chiaramente in potenza, ma contiene sempre una carica espressiva che pochi altri cantanti ci hanno mostrato in questo genere. Ma giudicare Epic solo in rapporto al precedente sarebbe un torto, perchè il livello delle composizioni qua presenti è molto alto e se da una parte è ovvio constatare la posizione di stasi che hanno raggiunto i Borknagar con questo lavoro, sicuramente questa pausa non è stata infruttuosa.
Un album con poche sorprese rispetto al precedente, ma comunque di alto spessore.

A proposito dell'autore

Post correlati