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Altra serata, altro regalo! Dopo il fest dei colleghi di METAL.IT a Milano, di cui potete trovare il mio incazzusissimo report sulla home, a ‘sto giro giochiamo in casa Audiodrome, a pochi km dalla magione. Highlord opener, a seguire i Reverence, e gran finale coi Vision Divine. La serata è stata organizzata da Glaze e dalla ROCKSHOTS MUSIC MANAGEMENT.

Ho la fortuna di arrivare presto al locale e di assistere al soundcheck, rubando qualche scatto simpatico e importunando Olaf e Fabio con la mia videocamera – online a breve la video intervista. Un piatto di pasta al volo, qualche ruttino, e le porte si aprono. Non nel senso che si aprono per i miei rutti, eh! Nel senso, il tempo di fare poche cose, ed ecco le porte aprirsi per accogliere il pubblico!

Come detto poc’anzi, i primi a calcare il palco dell’Audiodrome sono gli HIGHLORD, quelli che non fanno più power metal da mò, e il prossimo che lo scrive di nuovo lo denuncio alla polizia postale lol. Come per la serata di METAL.IT, scaletta epurata dai classiconi del passato, ed incentrata sui pezzi più graffianti degli ultimi due album.
Marchisio fa rizzare i peli uno ad uno sul super acuto di Arcade Warriors, sul disco cantato da Ralph Scheepers neh; il T1000 mi fa scassare con quelle cazzo di facce che fa solo lui quando picchia, e le new entries tengono botta, pur avendo ampi margini di miglioramento, e sono sicura che non avranno problemi in merito. Sulle note di Pegasus Fantasy mi dirigo al bancone del bar per prendere una bottiglietta d’acqua, passo a due centimetri dalle casse, mi trombo via i timpani, faccio quattro chiacchiere in giro, ed ecco i

img_9751[1]REVERENCE, band su cui mi sento di spendere due parole in quanto autentica rivelazione della serata. Di origini americane, line-up pullulante di nomi con un bel curriculum alle spalle, ad essere sincera non avevo idea di chi fossero. Ad impugnare il microfono un George McFly vestito a festa, alla chitarra un simil Angus young gonfissimo, ma mai l’apparenza fu più ingannevole. Autori di un power metal più che ispirato, mettono in scena uno show al fulmicotone, senza soste e mozzafiato.

Non amo i cantanti che ogni due per tre fanno sfoggio degli ultrasuoni che sono in grado di emettere, ma Todd Michael Hall li alterna a variegatissimi vocalizzi in grado di distrarre la mia attenzione. La fine della loro performance regala alle spettatrici una piacevole sorpresa, il cantante si leva la camicia mettendo in bella vista degli addominali e dei pettorali che il David di Michelangelo sembra un adolescente implume. Non conoscendo i pezzi, non posso sciorinarvi la setlist eseguita, ma anche li avessi conosciuti, penso che gli ultimi due proprio non me li sarei cagati manco de scriscio :-P

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E’ il turno dei VISION DIVINE. Un venerdì travagliato, il fest di sabato e domenica tutto il giorno in giro, ero davvero a pezzi ragazzi, e la mia mente al posto di “Vision Divine” mi manda segnali subliminal psico-linguistici tipo “vision divano”. Ma il magnificente intro e la performance della band mi tirano su che manco una tanica di redbull. Anche se non ero alla Wembley Arena, ho assistito ad uno spettacolo a cui sfido chiunque trovare una pecca.


L’affiatamento del sestetto è stupefacente, i singoli musici danno prova di talento, coesione e no aspè… un momento… cioè basta: perchè parliamo sempre dei gruppi metal Italiani come se avessero ancora da dimostrare ‘ste cose? Come se fossero sempre un gradino sotto a ultra bigs quali Helloween, Blind Guardian o chissà chi altri?! Al di là delle solite maleducate critiche del menga che vengono mosse sui vari forum, è necessario aprire gli occhi, e iniziare a vedere che quello spiraglio, quel raggio di luce un tempo pressochè inesistente, sta gradualmente aumentando di diametro, che alcuni dei nostri artisti nostrani stanno via via facendosi largo in ambito internazionale, portando nuovo lustro ai colori della nostra bandiera musicale. E non parlo solo del buon Fabio, che abbiamo visto impegnato con gli Angra e i Kamelot.

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 E’ vero, il mercato è saturo, ma il talento alla lunga emerge, e chi (ce l’ha) dura, la vince. Smettiamola una volta per tutte di pensare da Italioti, per fare funzionare quella manciata di neuroni non ancora soggetti ai sedativi psicologici di oggigiorno non è mai troppo tardi. Usciamo di casa e guardiamo ‘sti cazzo di concerti, prima di raggiungere gli 80 anni ed essere completamente circondati da ventordici nipotini emo senza speranza. Che avranno pochi capelli e cortissimi. Mica come Olaf, che a forza di headbanging se ne ritrova anche alcuni impigliati alla paletta della chitarra.

 

Hail.

 

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