I White Willow hanno sempre rappresentato un discorso a parte nell’affollato panorama del progressive rock di stampo intimista. La loro miscela di atmosfere dolci e suadenti, le massicce dosi di tastiera e le linee vocali sempre ispirate della bravissima Trude (epigono dell’inarrivabile Amos) hanno sempre attratto parecchi avventurieri in questo settore.
Con “Signal To Noise” la band norvegese arriva al traguardo del quarto album in studio, forte di oltre dieci anni di esperienza musicale sulle spalle e di un bagaglio tecnico/strumentale di assoluto primo piano. Ancora una volta, dunque, ci si trova a districarsi tra nugoli di melodie rarefatte e disilluse, sapientemente avvolte da strati di soluzioni musicali delicate e, soprattutto, ispirate. Una sezione ritmica “sommessa” e diligente, incursioni di chitarra inaspettate e raffinate e poi, a farla da padrone, immensi tappeti di keys ed incisi da brivido. Sebbene non disdegnino anche sparuti passaggi easy (“Joyride” su tutti), i White Whillow si dimostrano chiaramente innamorati di un certo rock raffinato e malinconico, che, spesso e volentieri, sfocia in lunghi monologhi di stampo progressive. Il tutto, come si conviene in questi casi, immortalato su disco da una produzione calda e decisamente avvolgente.

“Signal To Noise”, dunque, continua imperterrito a battere la stessa strada dei suoi tre predecessori, rimarcandone in maniera elegante le fattezze quasi eteree ed armoniose.

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