Prima di iniziare questa recensione voglio mettere subito in chiaro un punto: l’album che ho tra le mani è un prodotto che farà sicuramente storcere il naso a coloro che amano la musica cosiddetta “Easy-Listening” mentre farà letteralmente sbavare i cultori della musica con la “M” maiuscola. Detto questo posso cominciare la recensione del secondo lavoro del chitarrista svedese Patrick Carlsson, un artista che, data la sua caratteristica di miscelare sapientemente ed argutamente degli ottimi virtuosismi neoclassici con un numero imprecisato di svariate influenze, dal Rock, al Jazz, alla Fusion, in Melodic Travel (mai titolo fu più azzeccato per un album) è riuscito a ricreare le atmosfere di un vero e proprio viaggio a tappe nei vari meandri della musica. Ma lasciamo che sia la musica a parlare, dato che di cose da dire ce ne sono parecchie. Si parte subito alla grande con “Settler’s Pleasure”, brano che parte quasi in sordina introdotto da una batteria quasi impercettibile e da degli arpeggi di chitarra diretti e semplici che, grazie al loro potere di miscelarsi fra loro, riescono a tessere le trame di un brano che, sebbene lungo ed estremamente complesso, risulta molto orecchiabile in quanto pare essere nato veramente dal nulla. Si prosegue con “Battlefield”, un pezzo che, pur essendo molto legato allo stile neoclassico, viene sapientemente miscelato con le sonorità proprie del Blues e “Kristina’s Song”, che, grazie a dei ritmi molto soffusi ed introspettivi, sembra quasi un omaggio all’immenso Mike Oldfield; seguono a ruota “Caribbean Uptempo”, “Liberty City” e “Luxurian Minor”, tre ottimi brani profondamente caratterizzate da delle sonorità tipicamente sudamericane, sapientemente inframmezzati da “Gate To Heaven”, uno stupendo omaggio al divino Carlos Santana costruito basandosi su pochi, semplici ed intensi accordi di pianoforte e chitarra. Dopo aver toccato praticamente tutti i lidi della musica, il nostro eroe ci regala un tuffo nel mondo del jazz grazie all’ottima esecuzione di “Hip’n Melodic”. Ma la vera chicca finale Carlsson la propone con “Happy Quarter”, un ottimo brano folk i cui accordi sembrano essere stati creati per un’orchestra dedita al ballo liscio, e con la splendida balla ta acustica “Desederia”, caratterizzato da degli accordi molto esenziali che sembrano quasi il risultato di un’improvvisazione. Per concludere posso solo ribadire che album come questo, anche se sicuramente sono indirizzati verso un pubblico ben definito, dovrebbero essere ascoltati sia da coloro che si avvicinano per la prima alla volta alla musica sia da coloro che vogliono farsi un’idea di cosa sia la vera musica, quella con la “M” maiuscola, quella che da molti viene definita l’arte musicale.

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