Impietosi. Dopo aver ascoltato questo triplo live dei Rush non mi viene in mente una definizione piu’ calzante di questa, impietosi. Sotto ogni aspetto i Rush si distinguono in modo tanto eclatante e univoco da essere quasi irriguardosi nei confronti della schiera di gruppi (e sono tanti e famosi) che affollano questo genere di musica infarcito di tecnica e di richiami al progressive piu’ o meno velati.
Della loro “carriera” discografica e’ inutile parlare, sarebbe un compito lungo e difficile, si possono pero’ ricordarne le fasi distintive, dopo un primo periodo di rodaggio, con sonorita’ prese in prestito dall’hard rock dei Led Zeppelin il suono dei Rush si e’ via via conformato ed arricchito fino a giungere ad un apice che non ha conosciuto soste per molti anni, da dischi dall’anima squisitamente “progressiva” (“2112”, “Hemispheres”) ad altri sapientemente giocati su sottili equilibri armonici e melodici. Il tutto condito da un aspetto che nessun altro ha implementato nella propria musica meglio di loro: la tecnica.
In nessun disco dei Rush troverete mai un “assolo” fine a se stesso, una scala messa li per lustrarsi le penne nei confronti dell’ascoltatore; una cascata di note sempre logica e funzionale al risultato finale, e che risultati. Citare dischi quali “Moving pictures”, “A farewell to kings”, “Permanent waves” (per elencare i miei di preferiti) si fa torto a molti altri di pari valore, una discografia che non ha conosciuto cali eccessivi anche se qualche passaggio non felice c’e’ stato. Questo pero’ conta poco al cospetto di un gruppo basilare, di quelli che hanno ispirato diverse generazioni a provare quella strada da loro creata e perfezionata, negli anni sono riusciti anche a manterenere una leadership netta ed incontrastata.
Di “gruppo” parlavamo, beh chi conosce i Rush sa benissimo che le “magie” di cui sono capaci assumono un ruolo ancor piu’ eclatante visto che sono solamente in tre; Alex Lifeson, chitarrista, gusto e tecnica, Neil Peart, batteria e percussioni, soltanto ascoltandolo si capisce la levatura del musicista; ed infine Geddy Lee, basso, tastiere e, naturalmente voce. Questi tre signori sembrano essere stati guidati da una qualche musa artistica sconosciuta perfino agli antichi greci, qualche fonte di ispirazione unica da cui hanno attinto a piene mani, definendo un genere e portandolo all’apice.

Ma torniamo a questo “Rush in Rio”, triplo live, autocelebrativo ovviamente, i tre dischi sono equilibrati perfettamente, ottima la scelta dei brani, perfetta la loro prestazione live.
Questa dei live ormai e’ diventata una pista assai battuta da discografici e musicisti, dopo l’invasione dei concerti doppi, siamo a quelli tripli, piu’ lunghi quindi, piu’ carne al fuoco e meno termini di paragone. Certo a qualcuno sara’ venuto in mente il piu’ o meno recente live di un gruppo che gode di notevole seguito da qualche anno a questa parte, anche in quel caso triplo, anche in quel caso un disco giocato nella stessa direzione di quello preso qui in esame. Beh tagliando la testa al toro affermo immediatamente che non si pone confronto alcuno, qui siamo di fronte ai maestri e gli alunni hanno moltissima strada da fare per arrivare da qualche parte. Fatta questa precisazione possiamo concludere in due modi, elencando tracce migliori di altre, passaggi particolari degni di essere sottolineati, ma facendo cosi non faremmo altro che riscrivere l’intera tracklist dei tre CD, la cosa mi pare inutile e noiosa.
Possiamo invece (secondo modo) fare di meglio, rompendo il salvadanaio, investendo i soldi ricavati sotto Natale, uscendo e comperando questo live, ascoltarlo e riascoltarlo, gustandone appieno le innumerevoli qualita’ ripercorrendo gran parte della carriera di un gruppo degno di essere definito storico e fondamentale.

Un ultimo appunto, come avete notato il disco non ha voto, secondo me non avrebbe senso quantificare numericamente un live come questo, e sarebbe altrettanto insensato dare il massimo dei voti per una “raccolta” di brani migliori anche se in ambito live. Poi se proprio siete attratti dalla traduzione in numeri di un giudizio beh, qui su H-M.it usiamo la scala classica da zero a dieci, questo disco non sarebbe distante da uno dei due estremi…

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