Cosa aggiungere in una recensione uscita con colpevolissimo ritardo – di una band in più “abitudinaria” come i Runemagick – che non sia già stato detto, ridetto e stradetto in altri articoli, sedi o quant’altro? Molto probabilmente pochissimo e niente che si discosti da una mera ed onesta cronaca dei fatti. Una cronaca, pur se delicata per il prodotto di nicchia che volontariamente producono i nostri, oramai semplice e scontata per la regolarità di temi e di suoni con cui i sei scandinavi si propongono al pubblico. ‘Dawn Of The End’ è, infatti, l’ennesimo prodotto di una band capace, dal duemila ad oggi, di lanciare un’uscita all’anno senza mai smentirsi (bensì rincarando la dose con dischi sorpresa, bonus, ecc.). Puntuali come la scadenza di un mutuo ecco, dunque, arrivare questi nuovi otto macigni sonori, se possibile ancora più ostici e duri da ingoiare di quelli che avevano caratterizzato il platter del precedente ‘Invocation Of Magick’. Questo perché i tre svedesi continuano sul nero corso che li vede sempre più distaccarsi dalle ormai trascurabili tracce di death, per entrare nei territori doom più cupi e funerei, con risultati alquanto altalenanti e con un bacino d’utenza via via più esiguo. Il lavoro in questione toglie sempre più “praticità” al sound dei nostri forgiando un quadro in cui è difficile e noioso individuare il limite tra attitudine volutamente ricorsiva ed un senso di monotonìa che la ha quasi sempre vinta. Ciò che emerge da questo contesto non è altro che il solito disco sinistro, crudo e pachidermico come da tradizione, allo stesso tempo estremo nel togliere sempre più attenzione alla fase vocale per renderla a quella strumentale, che non per questo riesce ad apparire particolarmente ispirata. Il riffing ripetitivo e martellante, il flavour strisciante e la solita produzione catacombale completano un quadro ormai già segnato, senza sorprese né sussulti. Estenuanti, legnosi e sistematici. Chi era interessato già lo sapeva; tutti gli altri passeranno oltre come già avveniva prima dell’ennesima, inutile, recensione.

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