Nati nel 2001 in Maryland per iniziativa del cantante chitarrista Matt Brookins, pubblicano un primo album due anni più tardi. Da allora hanno pubblicato diversi CD e un DVD, e quest’anno si ripresentano con Deathanity, definito dal gruppo “un ambizioso concept” incentrato su tutto ciò che sta accadendo sul pianeta Terra.
Il gruppo in questi anni ha condiviso il palco di numerosissimi gruppi famosi Hard ‘n’ heavy, power, prog sia rock che metal che gli ha permesso di maturare dal punto di vista tecnico ed esecutivo; cosa che si riscontra e viene messa in evidenza per tutta la durata dell’album.
Per quel che concerne il lato prettamente compositivo, le innumerevoli influenze citate nella biografia rispecchiano fedelmente ciò che si ascolta.
Ritroviamo pertanto i tecnicismi degli Zero Hour, le atmosfere molto particolari dei Chroma Key unite alla psichedelia dei Pink Floyd, come anche una fantasiosa quanto riuscita Ode To Joy (Inno alla Gioia).
Complessivamente l’album è valido e si fa ascoltare catturando l’ascoltatore grazie alla dinamicità e varietà dei passaggi, le complicate progressioni e il gusto per la melodia.
Non riesce però nell’intento di durare a lungo nello stereo, in quanto dopo ripetuti ascolti comincia a stancare e a diventare piuttosto ripetitivo.
Per i fan di Evergrey e Sonata Arctica si segnala la presenza come ospiti di Tom Englund e Toni Kakko.