Arrivano anche in Italia i Million Dead, dopo il buon successo riscosso nel Regno Unito (dove, se non sbaglio, questo cd è uscito nel 2003). La band si inserisce nel filone emocore che attualmente tanto furoreggia, il che potrebbe far pensare subito male, tuttavia dimostra di avere delle doti in più rispetto alle band medie che popolano questa scena. In verità ai primi ascolti questo “A song to ruin” non mi aveva impressionato più di tanto (e mi chiedevo cosa ci trovassero di così notevole i redattori che avevano scritto le numerose recensioni molto positive che avevo letto, recensioni che per la gran parte comunque trovo esagerate ancora adesso), poi con gli ascolti è cresciuto.
I Million Dead sono meno immediati dei normali gruppi emocore attualmente in circolazione (quelli con melodie ultracatchy ed urla messe qua e là, per intenderci), questi ragazzi sono infatti autori di un assalto sonoro più ruvido e viscerale. Le composizioni del disco si alternano tra tracce più “ostiche” come l’opener “Pornography for cowards” o “Charlie + the propaganda myth machine” e pezzi più immediatamente digeribili come i 3 singoli “Breaking the back”, “Smiling at strangers on trains” e “I am the party” (il secondo singolo è quello che mi ha colpito di più, ma anche gli altri due non sono male e svolgono bene il loro ruolo). Non manca anche qualche episodio un po’ diverso come la title track, lungo e rilassato brano che ho apprezzato molto (collocato a metà disco per far riprendere fiato all’ascoltatore) o la conclusiva “The rise and fall”, pezzo allungato da una coda finale noise di chitarra e batteria (un po’ stancante, a dire il vero).
Voglio infine citare anche “The kids are going to love it”, pezzo travolgente e dal feeling un po’ più allegro rispetto al resto del lavoro.

Globalmente il disco è quindi apprezzabile. Certo, ci sono anche dei difetti, praticamente tutti dovuti al fatto che la band è ancora molto legata al genere a cui appartiene (ogni tanto si prova una sensazione di già sentito), tuttavia “A song to ruin” si merita un 7 pieno e, cosa più importante, i ragazzi sembrano una promessa per il futuro.

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