I Metalium non sono mai stati una delle mie band preferite, anzi personalmente non ho mai condiviso moltissimo la loro volontà di estremizzare all’inverosimile il concetto stesso di power metal portando ogni singolo brano a velocità incredibili, con soli di chitarra, a mio avviso senza senso e creati solo per essere eseguiti nella maniera più veloce possibile e un cantato troppo alto, capace solo di rivelarsi fastidioso. L’originalità inoltre non è mai stata certamente una delle loro migliori risorse ed è quindi con molto scetticismo che mi appresto ad ascoltare e recensire questo nuovo “Nothing to undo” consapevole ormai di trovarmi davanti al solito album targato Metalium con una serie pressoché infinita di riff, solos e linee melodiche tutte uguali.

Con grande stupore invece mi accorgo che questa volta la band di Henning Basse ha cambiato leggermente registro: ebbene sì, basta con pezzi velocissimi, acuti inverosimili o ancora doppia cassa martellante e iper veloce; i nostri sono autori di un album interessante, canonico nel suo stile certamente, ma capace di interessare l’ascoltatore sin dal suo primo ascolto. Quello che subito colpisce è l’esclusione parziale dei velocissimi brani che da sempre costituiscono il trade mark dei tedeschi in favore di canzoni certamente veloci ma dalle ritmiche più lente, maggiormente complesse e ragionate, caratterizzate da continui cambi di tempo, con ottimi stacchi e solos ben strutturati uniti a ritornelli incalzanti ed orecchiabili. Questa nuova direzione musicale lascia alquanto perplessi se si pensa al passato della band tuttavia i nuovi brani riescono a svolgere il loro compito perfettamente e la tripletta iniziale composta da “Spirits”, “Mindless” e “Straight Into Hell” colpisce dritta nel segno esaltando anche chi, come me, non è mai stato un fan accanito dei Metalium. Si spicca un salto nel passato con la successiva “Heroes” anche se ad una strofa piuttosto pimpante e veloce i nostri preferiscono alternare un ritornello più cadenzato è lento; ottima è anche “Way Home” unica ballad presente sul disco, inizia con un Henning Basse davvero ispirato al microfono e accompagnato da uno splendido arpeggio di piano e chitarra per poi raggiungere picchi di intensità emotiva davvero alti grazie all’arrivo dei restanti membri della band. I fan più accaniti del combo tedesco potranno gioire con “Dare” unico brano che ricorda tantissimo le produzioni passate dei Metalium, mentre la conclusiva “Follow the sign” è un nuovo mid tempo caratterizzato ancora una volta da un’ottima linea vocale e melodica piuttosto orecchiabile che si piazza subito in testa. Chiude l’album la cover di “The show must go on” dei Queen realizzata in maniera perfetta con le chitarre a riproporre egregiamente anche le parti di piano e tastiera.

Davvero un disco interessante realizzato da una band che questa volta è stata capace di stupirmi dimostrando di essere in grado di cambiare il proprio modo di suonare e di non rimanere legata al proprio passato.

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