Una forte gabbia metallica, che sembra voglia scoraggiare chiunque si avvicini, avvolge un cervello che, impotente, è costretto nella sua claustrofobica morsa. I Meshuggah non potevano scegliere un’immagine migliore da impiegare per la cover di “Chaosphere”, autentico saggio di classe, innovazione ed imprevedibilità. Il terzo album confezionato dal quintetto svedese, infatti, è qualcosa che riesce a far coesistere, senza mai cadere nel patetico, la sensazione di quadratura e perfezione dei suoni con quella d’interdizione che domina l’ascoltatore in ogni episodio.

La perizia sfoggiata da questi cinque folli emerge sin da subito dall’opener “Concatenation” e va avanti, senza un istante di sosta, fino al termine del disco, dando una sconvolgente prova di cinismo e concretezza. La piacevole e rarissima sensazione che si ha quando si ascolta qualcosa di veramente nuovo ed originale in questo disco è, infatti, più volte ribadita fino ad essere portata all’esasperazione. In tutto l’arco dell’album non vi è la più remota traccia di melodia, sopraffatta in ciascun episodio dalla frenesia imposta dalla metrica. La sezione ritmica è a dir poco devastante, come scosse telluriche i riff irrompono sulla vittima di turno conquistandola e martellandola senza pietà in una gabbia di colpi sonori massicci e compatti proprio come avviene col cervello immortalato impotente sulla copertina. I Meshuggah, in questo marasma di “ferrei” tempi portanti, riescono a trovare la freddezza per sperimentare soluzioni di un’incredibile varietà arricchendo quello che già sarebbe stato un capolavoro con soli rubati allo jazz/fusion e con i granitici growls di Jens Kidman, unico nel suo stile. In uno standard qualitativo mediamente elevatissimo un plauso particolare va all’ultima “Elastic”, in cui i nostri riescono a dare un senso al chaos tema portante (anche a livello lirico) del disco plagiandolo, dandogli vita e piazzandolo con sapienza nella propria composizione.

Un disco scomodo ed ostico per molti proprio per l’approccio rivoluzionario con cui è stato concepito. Se qualcuno pensava che, con il comunque fantastico “Destroy Erase Improve”, si fosse avuta la massima dimostrazione di compattezza e violenza sonora con questo autentico gioiello si è dovuto ricredere perchè a quanto pare per i Meshuggah la parole limite non esiste: è il chaos a dominare.

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