Il 2007 inizia in maniera esplosiva con il ritorno in grande spolvero dei Grave Digger di Chris Boltendahl. Come molti di voi, seguo ormai la band da parecchi anni e durante tutto questo tempo il nostro becchino preferito non mi ha mai deluso, salvo qualche rara eccezione e anche questa volta le mie attese sono appagate. “Liberty or death” è un album sincero, un album diretto che colpisce immediatamente nel segno, un album che cresce con gli ascolti e sebbene non riesca a bissare il successo del precedente “The last supper” (disco che ritengo grandioso) si fa ascoltare in maniera piacevole e veloce regalandoci un pugno di canzoni al vetriolo come solo i nostri sanno fare. Certo un paio d’episodi un po’ incolore ci sono, uno su tutti è “Silent Revolution” brano tipicamente hard rock e dall’andamento seventies, cosa mai sentita in un album dei Digger ma in generale i brani svolgono il loro compito con grande efficacia.

Si parte subito in maniera esplosiva con un’ottima doppietta e la title track seguita dalla “powerosa” “Ocean of blood” scatena un immediato headbanging da parte dell’ascoltatore: ritmiche serrate, voce al vetriolo, riff dirompenti e orecchiabili si susseguono velocemente in un continuo vortice di melodia e potenza; si prosegue con la cadenzata “Higland tears” dove i Grave Digger rispolverano le cornamuse per riportarci sui campi di battaglia ai tempi delle lotte tra scozzesi ed inglesi; ancora un pezzo molto veloce con “The terrible one” che riesce a rivelarsi parecchio vincente grazie ad un ritornello orecchiabile mentre le successive “Until the last king died” ambientata ai tempi della rivoluzione francese e “March of the innocent” non riescono ad emozionarmi tantissimo, anche se quest’ultima vede un Manni Schmidt particolarmente ispirato in fase di riffing; il finale del disco è tutto in crescendo e si riparte velocissimi con “Shadowland”, si torna ai tempi dei gladiatori romani con “Forecourt to hell” e si conclude con “Massada” per una finale coi botti che lascia spazio ad una bonustrack, presente solo nell’edizione limitata del disco, che si svela come uno dei brani migliori di tutto “Liberty or death”.

Insomma, un album sincero che sicuramente piacerà a tutti quelli che hanno seguito i Grave Digger durante tutti questi anni. Lo scavafosse è tornato, lunga vita al becchino!

A proposito dell'autore

Post correlati