Chi sono i Disguise? Molti di voi non li conosceranno di sicuro, sono conosciuti più che altro nell’underground pugliese (hanno suonato con Aborym, Novembre, Sadist, Natron, Undertakers e White Skull). “Human Primordial Instinct” è un progetto ambizioso con un vero (ed interessante) concept alle spalle, suonato bene, prodotto ancora meglio e confezionato perfettamente.
Innanzitutto fa molto piacere notare che il concept che sta alla base, seppur abusato un po’ in questo genere, è davvero sentito e profondo. Si tratta si di concetti anticristiani (non una novità quindi), ma anche di concetti legati alla vera natura dell’uomo, alla sua vita pigra, al suo stato di torpore mentale quasi cronico e al modo per fuoriuscire da questo stato (grazie all’istinto umano primordiale). Dopo questa breve introduzione è facile capire che i Disguise suonano black metal, di quello svedese, a tratti furioso e veloce, a tratti lento e melodico. Insomma non sto parlando certo dell’ennesimo clone dei Cradle of Filth ma, se proprio dobbiamo fare paragoni, è lecito citare gli Emperor. Perché lecito? Beh il synth c’è ma “non si sente”. Non è fastidioso come spesso accade per questo genere musicale, tutt’altro. Fa parte della struttura del brano ma non lo sovrasta, bensì ritaglia un piccolo spazio al suo interno. Ok niente di originale (lo ripeto) per cui si potrebbe gridare al miracolo ma diamine, i Disguise ci sanno davvero fare!
I brani sono sette, suddivisi in tre movimenti; “Mens Obscurata Dole”, “Nostra Humana Resurrectio” e “Settima Proposizione: il resto è conseguenza” (tratto dall’Anticristo di Zietzsche). Il cantato è disturbante e perverso, il drumming è martellante e spesso sfocia in blast-beat violentissimi e le chitarre sparano riff affilati come rasoi.
Tutto ciò perfettamente registrato (davvero un buon lavoro!), tutti gli strumenti sono perfettamente distinguibili senza mai creare caos o cacofonia. Sfuriate, rallentamenti e brevi sezioni atmosferiche rendono l’ascolto vario e mai noioso. L’unica incertezza l’ho riscontrata nell’ultimo brano “Il Resto è Conseguenza” che, vuoi per la struttura (si tratta quasi di una strumentale atmosferica), vuoi anche per la durata forse eccessiva, risulta un po’ fuori luogo (anche se sostanzialmente è un brano ben fatto).
Beh, dategli un’ascoltata, non ve ne pentirete!

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