Rock “alternativo”, ovvero un\’etichetta che spesso si appiccica senza troppi complimenti a tutte le proposte non convenzionali legate in qualche modo a certe sonorità in voga negli anni \’90. Ritmiche sincopate, muri di chitarre zeppe di effetti, atmosfere decadenti, voce di chiara ispirazione vedderiana. La ricetta è semplicissima, ma quante band fra quelle che hanno fatto ricorso a questi ingredienti possono dire di essere riuscite, se non a riscrivere la storia del genere, quanto meno a non passare inosservate? Poche, senza dubbio, ed è forte la tentazione di inserire in questo gruppo ristretto i polacchi Coma, una delle realtà più affascinanti dell\’underground europeo.
“Excess” è il terzo studio album di questa pluripremiata band polacca (doppio platino in patria) ed è anche il primo in lingua inglese dopo i due lavori precedenti. Un\’ operazione dunque che non nasconde l\’ambizione di valicare i patrii confini e che, considerato il potenziale espresso dalla band, è quanto mai legittima.
Considerarli alla tregua di un qualsiasi gruppetto “alterna” potrebbe sembrare sin dalle prime battute un gioco da ragazzi; dopotutto “Excess” è un sunto di suggestioni anni \’90 che partono dai Depeche Mode della title track agli Alice In Chains di “Transfusion”, dal post rock alla psichedelia spinta, dai Tool ai System Of a Down (\”F.T.P.\”). La proposta dei Coma è moderna e poliedrica, impregnata di un mood decadente e claustrofobico ma che deflagra in tutta la sua potenza grazie alle vocals particolarmente tormentate ed espressive, perfettamente sospinte da una chitarra in delay permanente che quando le viene concesso di lanciarsi in partiture soliste, e qui sta la particolarità rispetto al genere, prende letteralmente il volo disegnando tracce indelebili di marca quasi gilmouriana; “Silence And Fire” ne è un mirabile esempio, grazie al lunghissimo solo in chiusura, uno dei più belli che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi anni. Non disdegnano neanche incursioni in territori metal (“Witnesses Of The Decline…”) dalla forte valenza ritmica, così come le atmosfere notturne alla Votum (“Eckhart”) o l\’elettronica; Ipnotico come la sua copertina, diretto come il monicker della band che lo ha partorito, “Excess” è un vero e proprio caleidoscopio, spiazzante e imprevedibile nelle sue progressioni dall\’ abc del genere che canzone dopo canzone divagano secondo un\’ispirazione e un gusto tutti personali. Se i Pearl Jam avessero velleità progressive/sperimentali più marcate suonerebbero come i Coma, in tutta probabilità.
Avrebbe meritato qualche accorgimento in più la parte centrale del disco, a cavallo com\’è fra acidità e sottili atmosfere malinconiche accattivanti solo a sprazzi. Non fosse stato per questo piccolo neo, staremmo a parlare della new sensation del rock europeo.
“Excess” è un disco che rimarca pedissequamente i confini del rock alternativo con ecletticità e personalità, intriso di atmosfere distorte e tormentate che non mancheranno di stimolare ripetutti ascolti. Se questa è la musica del terzo millennio, c\’è davvero di che sperare.

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