Abbiamo intervistato dei cordialissimi e loquaci Black Bones, freschi di pubblicazione del loro nuovo lavoro, il validissimo Pirates Of The Coast. Un gruppo eclettico e dinamico, che si è aperto per Heavy-Metal.it!

Allora, freschi di uscita per quanto riguarda il vostro primo album, dateci una breve presentazione del gruppo.
Breve presentazione per un gruppo attivo gia’ da 5 anni e’ difficile… attualmente siamo in cinque, facciamo rock, punk e metal mischiati a caso e conditi con del folk, e’ uscito da poco il nostro primo vero album “Pirates of the Coast”, un concept a tema piratesco che ricalca un po’ il musical, ma sempre rock in tutto e per tutto.

Cinque anni tra il primo demo e il primo album: un tempo abbastanza lungo. Cosa avete fatto in questo periodo?
Abbiamo cambiato la formazione almeno 4 volte, il nostro cantante e’ stato ricoverato per parecchio tempo in ospedale, abbiamo fatto live a destra e sinistra per far conoscere il nome, cercato di risparmiare i soldi per lo studio ed alla fine ce l’abbiamo fatta, soprattutto perche’ nel 2008 abbiamo vinto un festival che ci ha pagato 2000 euro di registrazione in studio, permettendoci cosi’ di fare questo disco la cui gestazione e’ durata ben 5 anni

) Iniziamo a parlare di Pirates Of The Coast: un lavoro estremamente variegato in cui si fondono tanti stili differenti, creando un lavoro che si lascia e si deve ascoltare tutto d’un fiato. Punk, Folk, Metal Novantiano… chi sono le vostre muse?
Beh, e’ un casino, siamo in cinque e tutti molto diversi in quanto ad ascolti, alla base del progetto BB, prima ancora che diventasse piratesco, c’erano I Misfits, I Bad Religion e I Motorhead, poi negli anni altre influenze si sono fatte sentire prepotentemente, Iron Maiden, Running Wild, De Andre’, Jesus Christ Superstar.
Ora stiamo lavorando a pezzi nuovi, con altre influenze ancora, come Backyard Babies, Metallica e Red Hot Chilli Peppers, insomma, non disprezziamo la varieta’ e credo si intuisca ascoltando il nostro LP.

L’album si presenta come un concept ambientato nel sempre affascinante mondo dei Pirati: potete raccontarci molto brevemente la vicenda che lega tutti i brani?
Una ciurma, i Pirati della Costa, sotto il comando di Gill McGee solcano i mari alla ricerca della liberta’, ma questi mari non sono del tutto liberi, per colpa di un vascello di non-morti che domina senza pieta’ e fa battaglia a tutto cio’ che e’ vivo. Gill McGee per sconfiggere i non-morti intraprendera’ un viaggio folle e pericoloso alla ricerca di un antico manufatto in grado di distruggere il male, ma la sua follia non sara’ apprezzata dal resto della ciurma, ammutinamento ed ecco AJ Blood al comando dei Pirati della Costa.
Condanna a morte per Gill McGee che maledice la sua ex ciurma a non dormire mai piu’ trasformandoli di fatto in non-morti, costretti a navigare per l’eternita’ alla fine del tempo, ma c’e’ un lieto fine, in questo modo finalmente i pirati trovano la liberta’ assoluta di viaggiare e saccheggiare per l’eternita’.
Il tema piratesco e’ stato scelto per ammorbidire una tematica ben piu’ seria che e’ il sentirsi prigionieri di una vita che non vogliamo, mentre la pirateria da sempre fa pensare alla vita che tutti desidereremmo avere

Un concept come esordio, e un album da 11 tracce (due sono bonus track): un inizio ambizioso e impegnativo ma a mio modo di vedere assolutamente all’altezza. Non vi spaventava però l’ idea di una prima relase così complessa?
Non ci abbiamo mai nemmeno pensato, per noi e’ stato naturale evolverci in questo modo.
Siamo molto legati al mondo del fantasy o del fantastico in genere, i pirati sono dei fighi, i concept secondo noi hanno sempre avuto una marcia in piu’ rispetto ad un disco normale, non poteva andare altrimenti… Inoltre il concept da un senso a tutta l’eterogeneita’ musicale, perche’ il filo conduttore diventa la storia e non piu’ il genere musicale scelto dalla band.

L’album come detto si presenta assolutamente vario, un mix di stili musicali estremamente differenti tra loro: avete composto i pezzi con questa idea precisa o semplicemente le vostre influenze e le vostre idee vi hanno portato in questa direzione?
I pezzi inizialmente non erano cosi’ complessi, bisogna ricordare le origini punk della band, pero’ piano piano, tentando di far crescere I pezzi e dargli un senso all’interno del concept, per trasmettere sensazioni oltre che coi testi, anche con la musica.
Insomma tutto il progetto si e’ evoluto come se avesse vita propria, a noi il compito di tenerlo imbrigliato e tentare di non svaccare.

Del vostro lavoro colpisce molto la duttilità di tutti i membri della band. Una particolare nota per A.J.Blood, che a tratti pare un vecchio lupo di mare, a tratti un trascinatore indemoniato delle folle metalliche e non solo che si accalcano sotto le assi del palco, ma in generale tutti gli strumenti si ritagliano ampi spazi per mettersi in mostra . Come si è evoluta la scrittura dei pezzi? E le varie componenti sonore come sono state miscelate?
Di solito funziona cosi’, AJ e Alex partono con delle idee di melodie, le fanno sentire alla band, la band storce il naso e le suona poco convinta, poi se il pezzo e’ in effetti buono, mentre lo si suona si cominciano a sentire le parti che si aggiungono, la ritmica che da’ piu’ profondita’, il basso che fa delle scale piu’ complesse e la batteria che inserisce stacchi particolari o rullate assurde, anche la composizione e’ ormai una bestia viva ed incontrollabile.
Di solito arrivati al ritornello, senza averlo preparato, la band si inchioda, ed AJ continua a canticchiare melodie che si sposano col resto, si cerca sugli strumenti il pezzo e via di nuovo a porvarlo!
AJ e’ un cantante molto versatile, in tanti anni di esperienza ha imparato a gestire vari stili anche grazie ai vari generi con cui si e’ venuto a confrontare.
Inoltre avendo ascolti molto vari, ha imparato a cantare un po’ di tutto, soprattutto quando sfreccia in macchina con la radio a palla e fa il tamarro in giro per Piacenza.

) Una particolarità di “Pirates of the Coast” è che ogni canzone fa un po’ storia a sè a livello di sonorità. Si passa dal lento al velocissimo, dal bucaniere che racconta lento e cadenzato una storia dell’iniziale title track al ritmo infuriato di “The Demon’s Lair”, song che farà scatenare il pogo sotto il vostro palco. Vedete questa vostra caratteristica come un’opportunità per far giungere la vostra musica agli amanti di generi molto diversi o piuttosto potrebbe rappresentare un peso in un mondo musicale in cui spesso si deve essere convenzionali e si devono rispettare i dettami dei solchi già segnati dai grandi per poter emergere?
Hai toccato un argomento veramente spinoso, la nostra ecletticita’ musicale e’ una maledizione perche’ raramente il mercato ci capisce, la cosa assurda e’ che il pubblico se ne frega, piacciamo a tutti, dai metallari piu’ convinti a gente che ascolta roba commerciale, solo le etichette ed i promoter non ci apprezzano perche’ rendiamo le cose troppo difficili. Per loro e’ comodo starsene nella nicchia senza rischi della omogeneita’.
Molte volte ci e’ stato detto: “si siete bravi, ma non saprei come inserirvi, gli altri gruppi che promuoviamo sono piu’ simili tra loro, siete troppo strani…”
Amen, noi andiamo avanti per la nostra strada, finche’ il pubblico capisce e si diverte, il “sistema” puo’ anche andare affanculo.

“Drink Up Me Mateys”: un canto piratesco con coro da bettola e invito sdolcinato alla oste per farsi portare altro alcol.. un brano molto particolare, simpatico e orecchiabile fin dal primo ascolto. Da dove è venuta questa idea?
AJ e’ un appassionato di musica folk, dai canti marinari alle danze popolari, per questo motivo ha pensato di scrivere un pezzo che facesse venire in mente un branco di marinai che agitano un boccale in una taverna, e la cadenza da marcia militare dovrebbe accentuare l’effetto popolare del brano, il risultato finale ci pare funzionale, anche se dobbiamo ammettere che live quel pezzo e’ mille volte piu’ suggestivo!

) Andiamo un po’ a ruota libera adesso … Grande attività live da sempre per la vostra band, con un particolare metodo di coinvolgimento del pubblico: le comparse che si aggirano tra gli spettatori per creare la giusta atmosfera. Cosa potete dirci della vostra attività live e cosa rappresenta per voi?
Per noi il live e’ il punto di partenza.
Nascendo nel punk, i primi live erano a base di pogo molesto e tuffi selvaggi.
Parte di quel tipo di live e’ rimasta, ci capita ancora di fare serate “vecchia scuola”, pero’ e’ anche vero che abbiamo lavorato per creare situazioni alternative all’interno dei nostri live, ragazze vestite a tema che girano sul palco o per la sala, una versione in carne ed ossa di Gill McGee che ci supporta sopra e sotto il palco, il pubblico stesso che entra a far parte dello show, presentandosi in costume e salendo con noi a cantare impugnando boccali intarsiati e pistole d’epoca.
Abbiamo pensato che se c’era un tema nel concept, perche’ non trasferirlo anche negli show? Ed ha funzionato, quando il pubblico ha voglia di divertirsi, con noi e’ certo di ottenere quello che vuole. Quando suonano i Black Bones, saltano le inibizioni e tutti possono lasciarsi andare e non pensare “ora me ne sto qui nell’angolo imbronciato sperando che qualche ragazza mi parli”, con noi c’e’ aria di festa, e basta un niente per trovarsi sul palco a ballare e cantare testi a caso.

) Quanto è difficile oggi per una band, in particolare una band eclettica come la vostra, riuscire a trovare una label e uscire dall’underground?
Come dicevo prima, per noi e’ praticamente impossibile, la BBB Records che ci ha prodotti e’ una confraternita rock che per l’occasione si e’ trasformata in label. Le vere etichette classiche stanno ben lontane da cio’ che porta un cambiamento.
In Italia soprattutto la situazione e’ scoraggiante, fare musica e’ per pochi, chi puo’ permetterselo perche’ ha alle spalle qualcuno o chi si autofinanzia, ma non tutti hanno queste possibilita’. Le etichette puntano su cavalli sicuri, di quelli che “mal che vada ci recupero i soldi” perche’ sanno di avere un pubblico che ormai si e’ assuefatto ad un certo tipo di prodotto.
Allo stesso tempo non dando possibilita’ ai gruppi di reinventarsi, le stesse band tendono ad uniformarsi e non rischiano mai di fare una cosa diversa, il pubblico diventa una massa di zombie che vuole sempre lo stesso disco condito in modo diverso e la ruota gira

) Domanda difficile: chi, secondo voi, nel mondo del rock e del metal, avrebbe potuto emergere e non è mai riuscito, per vari motivi, a farlo? E chi è invece sopravvalutato?
Sopravvalutati?
Nessuno.
Capiamoci, siamo tutti artisti, tutti sognatori, e noi rispettiamo tutte le band italiane perche’ si fanno il culo per arrivare dove sono, o lo danno via, comunque si sacrificano per un sogno.
Sottovalutati?
Troppi, e non parliamo di gruppi che avrete sentito nominare, ma di quei gruppi che secondo noi meriterebbero di camparci con la musica e invece vanno avanti da anni a fare lavori di merda per pagarsi la passione.
Qualche nome? Dustineyes, The Mugshots, Bone Machine, Payback, ma ne abbiamo una lista intera, e’ l’italia dei sottovalutati del rock.
Quindi se potete o voi che leggete, al prossimo concerto di un gruppo underground, comprategli il cd o la maglietta ed aiutateli ad autofinanziarsi, perche’ la situazione e’ veramente dura e senza il supporto della gente che ci ascolta non si va da nessuna parte!

Adesso che il grande passo è stato fatto (l’uscita del primo album) quali sono i vostri progetti a breve e lungo termine?
Progetti tantissimi.Definitivo, mai nulla.
Stiamo gia’ lavorando al secondo album, che sara’ probabilmente un altro concept, pero’ questa volta niente pirati, sara’ una cosa un po’ diversa… vedrete!
Stiamo valutando la possibilita’ di fare un video, ma vorremmo fare le cose per bene e come si diceva prima, i soldi non piovono dal cielo.
Stiamo cercando di organizzare dei mini tour in Italia per promuovere Pirates of the Coast e vorremmo fare lo stesso in altre nazioni europee.
Come sempre, dovendo occuparci di tutto noi personalmente, viene dura…

) Un plauso va all’artwork del vostro LP: curato nei particolari, rappresenta alla perfezione quello che si trova nell’album. Da chi è partita l’idea e chi ha curato la parte grafica del vostro progetto?
L’idea dell’artwork e’ nata in collaborazione tra AJ che ci metteva le richieste e le menate e Christina Death della Death’s Amore Clothing, che oltre ad avere una linea di vestiario strepitosa, si occupa anche di grafica per le band.
Sempre lei ha curato anche il nostro myspace, e’ stata bravissima e molto professionale, anche perche’ le grafiche le abbiamo dovute accelerare per problemi di scadenze, ed e’ riuscita a fare un lavoro grandioso comunque!

Un sogno da realizzare possibilmente in questo 2010 appena iniziato…
Fare i soldi!
A parte gli scherzi, niente in particolare, vorremmo solo continuare cosi’, sapere che la fuori c’e’ gente che ci apprezza, che ci verra’ a vedere live, che ci fara’ sentire appagati per il nostro lavoro. Certo se trovassimo un’agenzia di booking che non vuole truffarci o un’etichetta che lavora come si deve, non ci dispiacerebbe…

Nel ringraziarvi per questa intervista e per la vostra disponibilità, lascio a voi la parola per dire tutto quello che volete ai lettori di Heavy-Metal.it.
Innanzitutto ringraziamo Heavy-Metal.it per tutta l’attenzione che ci sta riservando, siete dei grandi.
Per chi sta leggendo, speriamo nel nostro piccolo di essere riusciti ad entusiasmarvi, il nostro intento e’ condividere, stare uniti, noi e il pubblico, creare occasioni di festa.
Spesso purtroppo il messaggio non viene capito, o peggio ancora nemmeno ascoltato, per poi essere criticato dal superficialotto di turno.
Per fortuna ci sono webzine e fanzine che si impegnano per far emergere anche le piccole realta’ come la nostra.
Grazie a tutti per aver letto fino alla fine, se vi va di fare bordello, venite a trovarci live quando siamo nella vostra citta’ (anzi, non aspettate che arriviamo nella vostra citta’, potrebbe non capitare, venite a vederci ovunque!)
Cheers

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