Nonostante il nome Astarte non mi fosse completamente nuovo, mai mi sarei immaginato di trovarmi di fronte ad un trio femminile intento a riproporre oscure sonorità a cavallo tra il Death e il Black Metal.

E dire che il gruppo non ha affatto una storia recente: la prima incarnazione della band risale addirittura al 1995 sotto il nome Lloth e da allora oltre ad una demo datata 1997 sono usciti ben tre album: “Doomed Dark Years”, “Rise From Within” e “Quod Superius, Sicut Inferius”.

Trovare dei termini di paragone alla musica del trio è opera assai ardua e questo in fondo non è un male. E’ anche vero che parlare di totale originalità è decisamente eccessivo, però si può apprezzare il modo in cui le tre fanno sunto delle loro influenze estreme che come già detto spaziano dal Death al Black (nelle loro forme più melodiche), riuscendo a comporre opere oscure e intriganti senza ricorrere troppo spesso a tempi veloci. Solo a livello vocale il paragone (con i Cadaveria.. quelli di “The Shadow Madame”) giunge spesso senza troppe forzature.

Tutto il lavoro si assesta su buoni livelli senza cali compositivi e a dire il vero senza neppure troppi picchi, la canzone che maggiormente mi ha colpito per le sue atmosfere cupe e taglienti è la settima “The Ring (Of Sorrow)” che vede la partecipazione alla voce di Shagrath dei Dimmu Borgir. Nella sua onestà il lavoro ha un’unica pecca che è quella del suono della batteria troppo sintetico (probabilmente programmata) che risulta a tratti fastidioso (odiosi i piatti e un po’ troppo alto il volume). Curiosi? Un ascolto preliminare è d’obbligo.

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