Three in a row.
Potrebbe essere un bel modo di definire il nuovo lavoro degli Angel Dust, e mi spiace che la lacuna su “Border Of Reality” mi lasci nel dubbio di essere davanti a un bel poker. Certo è che anche stavolta gli Angel Dust possono sogghignare a chi si permetta di dire che metal in Germania vuol dire power.
A dire il vero non è certo la potenza che manca, ed è l’attacco devastante della quasi-title track a togliere ogni dubbio, e il finale della stessa traccia ribadisce sconfinando allegramente nel mondo del thrash, elemento molto presente ma che assieme a molti altri obbliga a usare quell’etichetta apparentemente tanto desueta di Heavy Metal riservata ai gruppi che sanno evitare di rinchiudersi in un comodo angolino a farsi coccolare dagli appassionati più settoriali.
Ancora una volta naturalmente la band si evolve. Se “Bleed” suonava molto Savatage e “Enlighten The Darkness” altrettanto Nevermore, qui la band perfeziona il suo cocktail NeverTage senza dimenticarsi che la personalità non salta fuori solo mescolando ingredienti esterni. Ecco quindi che le ritmiche ultramassicce evitano di rendersi ostiche come nel caso degli illustri “maestri” (personalmente avrei qualcosa da ridire sul chi possa ritenersi superiore ma non è questa la sede), allo stesso modo le tastiere anche nei momenti più intensi riescono a tenersi a distanza di sicurezza dal re della montagna.
Se quindi l’apertura è devastante e i successivi due brani mostrano benissimo le capacità dei nostri, ecco che il piatto forte arriva alla quarta traccia, vicinissima ai suoni di “Bleed” e breve momento per riprendere fiato nella violenta corsa, fino ad un crescendo epicheggiante in cui le tastiere e la voce di Dirk Thurisch operano un piccolo capolavoro (e riescono a riportarmi in mente i grandissimi italiani In.Si.Dia). Nel caso voleste dare un’occhiata al libretto coi testi è un buon momento, e ne vale la pena.
Arriviamo così a quello che con ogni probabilità è il pezzo migliore in assoluto del disco, una “Forever” che per intensità emotiva riesce a scomodare la title-track di quel “Bleed” che credevo praticamente irraggiungibile sotto questo punto di vista, oltre a costituire un intarsio di suoni di pregevolezza veramente spettacolare e un testo che affronta un argomento molto classico in maniera non scontata.
L’assalto frontale torna subito dopo con un brano più fluido e continuo degli altri ma forse per questo meno affascinante, se non fosse per dei break pianistici di potenza inaspettata e un momento di rallentamento che costruisce la tensione per un ritorno potentissimo ma sempre melodico. Giusto per rimestare un altro po’ le carte in tavola la successiva “Got This Evil” suona decisamente alla “Elnighten” e pesta con sincerità. Pestaggio che ancora una volta mostra degli Angel Dust prontissimi a evitare i giri in elicottero per sostituirli alla batteria con più pratiche ventolone alla Blade Runner, se questo può rendere l’atmosfera.
Il recitato che apre un altro momento di apparente tranquillità su “The Cultman” richiama alla mente ancora una volta i Nevermore, e viene da pensare che se fossero tutti così gli effetti delle influenze esterne sui gruppi ci sarebbe da stare allegri. E mentre lo pensate verrete portati in alto da un altro bellissimo crescendo per scendere e risalire e scendere ancora, come su una giostra di musica (fossero così tutte le giostre!). La semichiusura tocca ad un’altra perla, “Freedom Awaits”, che pur mantenendo un profilo decisamente d’azione riesce a distinguersi dagli altri brani in maniera netta grazie a un supporto tastieristico ben più evidente, e ovviamente grazie a un Dirk Thurisch sempre sugli scudi.
Chiusura effettiva ad una cover, una “Killer” sicuramente (non vi aspetterete che ascolti l’originale di Seal, vero?) diversissima dall’originale e in cui la band riesce a confezionare un masterpiece sotto ogni punto di vista, con personalità, suoni “esotici” e la solita solidissima sezione ritmica a reggere senza esitazione il tutto e che toglie, se ne rimanessero, dubbi su questa apparentemente infallibile band tedesca.
Se volete premiare per una volta una band che non sfigura tra chi il proprio suono ha il coraggio di definirlo senza il bollino di conformità allo standard ISO-TALLO-sceglieteilgenere, fatevi un favore e prendete questo bellissimo lavoro, dubito che ve ne pentirete.

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