Phil Lynott: un poeta, un genio. Difficile ricordarlo senza cadere nella trappola della retorica.
Non si contano ormai le lodi che da molti anni vengono tributate al compianto leader dei Thin Lizzy, uno dei musicisti più innovativi che la scena hard rock (ma non solo) ricordi. Nato da madre irlandese e padre brasiliano, Phil era un talento smisurato, un meticcio difficilmente inquadrabile per la sua voce da negroide, l’utilizzo di metriche inusuali, lo stile nel suonare il basso assolutamente innovativo. Superfluo ricordare che la sua band ha lasciato tracce indelebili in tutto il metal a venire. Mostri sacri quali Iron Maiden e Metallica hanno pagato il loro tributo ai Thin Lizzy, assieme a tante altre band. Diventa persino difficile scegliere un disco più rappresentativo di altri. Ciascuno a suo modo è stato determinante, incisivo e assolutamente sui generis, diverso dagli altri.
“Thunder & Lightning”, datato 1983, non è solo il canto del cigno dei Thin Lizzy, né il capitolo “heavy” della discografia dovuto alla presenza di John Sykes, come spesso viene raccontato; l’ex funambolo dei Tygers Of Pan Tang è accreditato solo su un pezzo dei dieci presenti, e anche se una certa influenza nel “mood” si fa effettivamente sentire, non ne è il fattore determinante; “Thunder & Lightning” è piuttosto il grido disperato di Phil Lynott, un artista, ma sopratutto un uomo, che negli ultimi anni della sua vita aveva perso tutti i punti di riferimento, segnato dal divorzio con la moglie e sempre più vittima degli abusi di droghe.
La band era sull’orlo della bancarotta, reduce da una serie di album appena discreti che tuttavia non avevano avuto lo sperato successo commerciale; fior di chitarristi come Gary Moore, Brian Robertson si erano avvicendati nel corso degli anni e la band faticava a trovare una sua dimensione negli anni ’80, con la New Wave che imperversava e il thrash americano che si avvicinava minaccioso all’orizzonte.
Motivazioni che hanno un po’ tutte generato quella voglia di rivalsa così tangibile su “Thunder & Lightning”. Il processo di irrobustimento del sound però non arriva del tutto inaspettato, avendo già iniziato il suo corso su alcune tracce dei lavori precenti (Angel Of Death, Killer On The Loose); resta il fatto che quella dell’ ’83 sia per i Thin Lizzy una veste inedita, a cavallo fra il classico hard rock degli anni ’70 e la New Wave Of British Heavy Metal.
L’ iniziale title track è l’esempio migliore della nuova rabbiosa attitudine della band, grazie al suo chorus scandito alla stregua di un inno di battaglia. Rabbia che traspare anche dal cantato, inaspettatamente rauco ed aggressivo, ma perfetto per un sound tanto diretto: “This Is The One” e il suo ritmo incalzante sono una certezza in tal senso, mentre la successiva “The Sun Goes Down” rappresenta il vero gioiello del disco: un pezzo dalle trame oscure ed evocative, scandito dal pulsare del basso di Lynott e dalle bacchette di Brian Downey. Un pezzo perfettamente incastrato in mezzo a tante scariche di adrenalina. L’unico pezzo a firma Sykes, come dicevamo, è “Cold Sweat”, hard rock da manuale impreziosito da un assolo di alta scuola dello stesso Sykes. Tutto il disco è una sequenza di brani eccellenti su cui spicca la scoppiettante “Baby, Please Don’t Go” posta quasi in chiusura di album.
Il sigillo di questo testamento musicale è la conclusiva “Heart Attack”, le cui lyrics suonano tremendamente profetiche: “Mama I’m dying of a heart attack”, canta Lynott, mischiando sinistri presagi all’amarezza di un amore perduto. La storia si interromperà tragicamente il 4 gennaio 1986 con la morte di Phil. Nel frattempo ci sarà spazio ancora per un solo album, una collaborazione con il vecchio amico Gary Moore, e una piccola appendice, quella “Dedication” rimasta inedita e pubblicata a qualche anno dalla morte. L’ultimo regalo di Lynott ai suoi fan; restano, ovviamente, i Thin Lizzy e i loro dischi, tredici capitoli di straordinario spessore artistico in mezzo ai quali “Thunder & Lightning” spicca per audacia e brillantezza, vivacità e perizia, sentimento e passione.

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