Cari affezionati lettori di Heavy-Metal.it è con immenso piacere che mi accingo a recensire il terzo album dei Tankard, i simpaticissimi e fracassoni thrashers di Francoforte. Chi si era preoccupato che i nostri amici potessero dare una svolta al proprio stile potrà dormire sonni tranquilli in quanto anche questo disco è stato pensato, scritto e prodotto rispettando in pieno la formula musicale dei dischi precedenti: thrash metal teutonico altamente aggressivo e potente (notevolmente potenziato dalla devastante prova vocale di Andreas Geremia), pieno zeppo di riff che, pur non essendo né originali né altamente tecnici, risultano comunque molto vari ma al tempo stesso altamente veloci, accompagnati da arrangiamenti molto spartani e da assoli studiati appositamente per fare un casino infernale. Questo disco ha la potenza devastante di un treno impazzito che viaggia senza freni su un binario morto, al suo interno è praticamente impossibile trovare cali di tensione; questo è il tipico album che cattura sin dal primo ascolto. Ma ora è giunto il momento di analizzare questo piccolo gioiello. Dopo la breve introduzione si parte subito alla grande con una serie devastante di mazzate sonore che non concedono alcuna tregua alle orecchie del malcapitato ascoltatore: “Commandments”, ottimo brano in cui il gruppo ipotizza l’esistenza di due comandamenti da aggiungere ai dodici stabiliti dalla chiesa: : “Non ne sprecherai e non ne rovescerai” e “Bevi la tua birra e basta”, “Shit-Faced, brano il cui titolo è già di per sé un programma, “Tv Hero”, una traccia caratterizzata da riff taglienti e devastanti e da chorus creati per essere urlati a squarciagola, “F.U.N.”, in cui la band, rivolgendosi direttamente al proprio pubblico, li invita ad avere una maggiore moderatezza durante i concerti, la title track, un ottimo spaccato di vita dell’uomo comune (il traumatico risveglio del beone dopo un devastante party ad alto tasso alcolico), “Desperation”, in cui la band, dando libero sfogo alla sua vena culturale, propone un’analisi spietata delle nevrosi che possono assalire un artista abituato a dedicarsi all’arte del dolce far niente quando gli viene chiesto di comporre qualcosa di concreto e sensato, “Feed The Lohocla”, che racconta, con dei contenuti tipici da film horror, la storia della malvagia creatura notturna, chiamata appunto Lohocla, che ruba la birra agli onesti ubriaconi, “Help Yourself”, brano in cui la band abbandona completamente l’ironia per dare il proprio parere, col proprio stile, sullo scottante tema delle guerre di religione. Citazione a parte merita la splendida cover di “Try Again” degli Spermbirds e la conclusiva “Mon Cherie”, ottima traccia dai ritmi molto hardcoreggianti.
Un ottimo album, quindi, consigliato ad ogni amante del thrash tedesco anni ’80. Ascoltando questo prodotto è facile intuire perché il gruppo possa vantare un seguito così affezionato. Anche se i soliti critici musicali saranno sempre pronti ad affermare che i nostri amici tedeschi non verranno certo ricordati per aver sfornato chissà quali capolavori, non potranno certo esimersi dall’affermare che i cinque cavalieri teutonici meritano un doveroso rispetto in quanto sono una pietra miliare della scena thrash tedesca anni ’80, ma soprattutto sono una valida alternativa festaiola allo stereotipo del thrasher cattivo, musone e violento. Quindi non si può che augurare lunga vita e sane sbronze ai fracassoni tedeschi.