Perchè usare tanti giri di parole? A volte proprio non servono: questo è un gran bell’album.

Debutto su lunga distanza, dopo però oltre dieci anni di musica, per i siciliani Superbia, che giungono a noi  con un lavoro davvero di altissimo livello, che merita sicuro  il  massimo voto.  I nostri mostrano in modo chiaro e assolutamente diretto quanto l’esperienza serva sempre: anni e anni a calcare assi di palchi grandi e piccoli (i nostri sono comunque stati accompagnatori di Rotting Christ e Grave in diverse date) ma soprattutto una continua ricerca della perfezione musicale e della giusta alchimia in studio (numerose sono state le registrazioni minori che hanno portato a questo primo cd) hanno costruito un suono davvero difficile da inquadrare, poichè mescolanza curata di Heavy Metal, Death Metal, Metalcore, Progressive Deathcore e chi più ne ha più ne metta.

Musicisti tutti assolutamente di livello e in grado su questo album di farsi notare i modo egregio,curano la parte ritmica senza mai rubare uno la scena all’altro, con i due chitarristi (Randy e Careri) che giocano a creare intrecci sonori fatti di rincorse ad alte tonalità, salite e discese repentine a base di sei corde e riff velocissimi e concreti, in grado di rendere ogni singolo pezzo un vero e proprio delirio musicale in positivo,una goduria per le orecchie dei veri appassionati di musica estrema, coaudivate da uno spettacolare lavoro di Antonio Amodeo dietro le pelli,passando da velocità simil black a tratti in cui domina lo stop and go più diretto.

Come se non bastasse, addirittura strepitoso è a tratti il lavoro di Dino Fiorenza, grande orgoglio italico del basso, che vanta nel suo curriculum collaborazioni con gente del calibro di Steve Vai, Paul Gilbert, Jennifer Batten, Prashant Aswani, Slash, Zack Wilde, Yngwie Malmsteen… e scusate se è poco. Forse solo negli Iron Maiden le note di basso son così evidenti nel sound generale, eppure mai pesanti ed invadenti (questo invece nella Vergine di Ferro ultimamente non accade…), tutt’uno con il resto del sound.

Dimenticato qualcosa?  Si ,le linee vocali di Gemini V, anch’esse molto personali, con cambi decisi dal growl più profondo e gutturale allo screaming, con decine di diverse tipologie di cantato a mostrarsi qua e là tra le song ,ottimamente dosate e organizzate per uniformarsi al carattere  dei brani, che passano dalla puramente  Black metal  “Black Sun” alla più estrema “Embracing The Evil”, fino alla stupenda quasi strumentale (almeno nella prima parte) “Before Dying”,in cui compaioo per la prima volta anche le voci femminili curate da Antonella Di Maria, per sciogliersi poi nella vera hit song dell’album, la conclusiva “Paranoid Insomnia”, in cui gli assoli di chitarra sembrano usciti, permettetemi il paragone, dalla sei corde del guitar hero Malmsteen.

Un album che pare partire bene ma con una sorta di piede sul freno, per poi crescere di intensità , pathos e tecnica con il passare dei brani fino alla stoccata finale, vero toccasana per il cuore metallico dei fans.

Un lavoro completo, preciso, coeso e che pecca solo (se proprio si vuole trovare il pelo nell’uovo, ma proprio di questo si tratta e nulla più ) di un artwork un po’ semplice e di scarso impatto.

Ma nell’epoca dell’apparenza ben vengono lavori dallo scarso appeal grafico ma dai grandi contenuti.  Bravi.

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