Alcatraz, Milano – 10 Aprile 2013

AMARANTHE
Due dischi e già due tour in Italia e in Europa. E questo dovrebbe essere addirittura un tour da co-headliners. Forse si sta un pochino esagerando…amaranthe 01
Se di supporto ai Kamelot i giovani svedesi erano risultati simpatici e divertenti, già alla seconda volta cominciano a stancarmi, proprio come i loro album usa-e-getta. D’altro canto, come avvenuto nel precedente tour, i nostri riscuotono un gran numero di consensi, tanto che si evince che diversi ragazzi sono qui anche per loro. Da segnalare per questo tour europeo l’assenza dello screamer Andy Solvestrom, rimpiazzato per l’occasione da Henrik Englund degli Scarpoint.
Gli Amaranthe propongono in maniera impeccabile il loro “pop-metal”, sfornando uno dietro l’altro i loro singoli di maggior successo, con i tre cantanti (caratteristica principale del gruppo) assoluti protagonisti; quasi superfluo sottolineare che le maggiori attenzioni del pubblico sono rivolte, al solito, alla bella e brava Elize Ryd.
I brani si susseguono veloci uno dietro l’altro senza particolari cali di tensione (a parte qualche piccolo problema tecnico) e il pubblico sembra gradire e apprezzare la proposta dei giovani svedesi, anche se qualcuno, come il sottoscritto, preferisce andare a farsi un giro nel locale. Come detto in precedenza la band offre una prestazione senza sbavature ma non si può non evidenziare la presenza di massicce basi registrate per le parti elettroniche e per le tastiere – che per altro non svolgono un ruolo marginale nel sound dei nostri. Assoldare un tastierista per il tour non sarebbe stato meglio?!
Tutti i migliori brani dall’omonimo debutto e dal nuovo “The Nexus” non mancano in scaletta e la band porta a termine il proprio show alla perfezione tra gli applausi dei propri fans.

Setlist:

  • Invincible
  • Leave Everything Behind
  • 1.000.000 Lightyears
  • Serendipity
  • My Transition
  • Infinity
  • Drum Solo
  • Burn With Me
  • Mechanical Illusion
  • Rain
  • The Nexus
  • Afterlife
  • Amaranthine
  • Call Out My Name
  • Automatic
  • Hunger

STRATOVARIUS
Riecco gli Stratovarius a Milano, questa volta per promuovere il nuovissimo “Nemesis”. Il disco è dannatamente buono, sicuramente il migliore del periodo post-Tolkki, e anche la band sembra esserne consapevole ritornando infatti a riproporre molti dei brani dal nuovo album. Sono infatti ben sette i nuovi pezzi in scaletta per la serata, alternati come di consueto ai classici del repertorio del combo finnico.
Quando si spengono le luci parte l’usuale intro e sale l’incitamento dei ragazzi presenti all’Alcatraz, invero non numerosissimi; gli Stratovarius irrompono on stage eseguendo subito un nuovo pezzo, Abandon, anche opener di “Nemesis”. Dopo un normale assestamento di suono, si nota fin da subito che la band è in palla, soprattutto Kotipelto che, a causa dei suoi problemi vocali, aveva deluso negli ultimi concerti. Stasera il biondo singer si riscatterà alla grande: la sua voce è comprensibilmente meno “giovane” e più controllata che in passato ma il buon Timo riesce a cavarsela in grande stile con le non certo facili parti vocali dei brani. Ormai compatti e affiatati gli altri ragazzi della band, con il giovane Kupiainen sempre più intraprendente e sicuro di sé, accompagnato dall’esperienza e dalla bravura del maestro Johansson. Bene anche Lauri Porra al basso, sicuramente il più scatenato sul palco.
L’elemento sorpresa per questa tournée è però rappresentato dall’ultimo arrivato Rolf Pilve alla batteria. Il giovane finlandese si rivela sicuramente capace e potente, l’inno neoclassico Speed Of Light sembra essere il giusto banchetto di prova per il ragazzo che può dimostrare le proprie qualità. La sua prestazione durante tutta la serata è decisamente buona, anche se la sensazione generale è che dovrà passare ancora un bel po’ di tempo prima che possa acquistare la sicurezza e il carisma dell’indimenticato Jorg Michael. Per ora, comunque, può bastare così.

Stratovarius 01

La band prosegue lo show inanellando consensi e applausi del pubblico che sembra gradire i nuovi pezzi come il singolo Halcyon Days, cantato largamente dai ragazzi assiepati sotto il palco, e la powereggiante Dragons, dal coro davvero trascinante. Non mancano ovviamente i vecchi classici tra cui la trascinante Eternity, non riproposta spessissimo ma davvero coinvolgente grazie al suo incedere cadenzato e al superbo assolo eseguito alla grande da Kupiainen. Ma è forse la lunga Destiny che infiamma maggiormente i ragazzi dell’Alcatraz: stupenda cavalcata epica di 10 minuti cantata alla grande da Kotipelto finalmente ritornato sui suoi livelli di competenza.
L’inno Black Diamond chiude lo show, tra pogo, urla e applausi di un pubblico estasiato.
I cori dei presenti nelle prime file richiamano nuovamente la band on stage che ripropone altri due nuovi brani: il singolo Unbreakable sembra già un classico vista la totale partecipazione del pubblico. Ma la vera sorpresa, almeno per il sottoscritto, è stata la proposizione di If the Story Is Over, ballad soave e delicata, pura poesia, in grado di scaldare anche i cuori dei metallari più incalliti. Grande e sentita prestazione di Kotipelto accompagnato dalle magiche tastiere di Johansson.
Lo show termina definitivamente con l’arcinota Hunting High And Low che fa tremare ancora una volta l’Alcatraz.
Show positivo quindi per gli Stratovarius anche se non esente da qualche critica: innanzitutto concerto davvero troppo breve (appena un’ora e un quarto) e ingiustificata, a mio modo di vedere, la totale assenza di brani dai recenti “Polaris” e “Elysium” – quest’ultimo tra l’altro mai presentato in Italia. Rimane la più che buona prestazione della band che, gradatamente, passo dopo passo, sta riconquistando il terreno perduto.

Setlist:

  • Abandon
  • Speed Of Light
  • Halcyon Days
  • Eternity
  • Dragons
  • Drum Solo
  • Eagleheart
  • Stand My Ground
  • Fantasy
  • Destiny
  • Keyboard Solo
  • Black Diamond
  • Unbreakable
  • If the Story Is Over
  • Hunting High And Low

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