Un gran nome, una gran band: l’attesissimo nuovo disco degli Steel Prophet è come una ventata d’aria fresca in questa calda estate 2004. Dopo l’ultimo “Unseen”, datato 2002, la band si ripresenta ai propri fans con alcuni stravolgimenti all’interno della sua formazione: Pete Skermetta prende il posto del dimissionario Jim Williams alla chitarra, mentre Kevin Cafferty sostituisce Karl Rosqvist alla batteria; la novità più importante tuttavia è l’uscita dalla band della sua ugola storica ovvero Rick Mythiasin (ora con Taraxacum e Redemption). Questo è davvero un brutto colpo per me che sono da sempre fan del gruppo statunitense: purtroppo il nuovo entrato, Nadir D’Priest, nonostante ce la metta tutta non è assolutamente in grado di reggere il confronto con il suo predecessore, anche se la sua voce si rivela in ogni caso potente e notevolmente aggressiva.
In ogni modo “Beware” si dimostra un ottimo disco, nonostante la produzione a mio avviso non del tutto soddisfacente in confronto alle altre release del gruppo statunitense. Gli Steel Prophet tornano a suonare un heavy metal classico, roccioso e convincente; le chitarre svolgono un lavoro mirabile, macinando riff su riff che si rivelano aggressivi e dotati della cattiveria necessaria per dimostrarsi adatti in sede live.

Con un ritornello efficace e maledettamente orecchiabile si aprono le danze con “Heavenly” brano in cui si fondono atmosfere heavy classiche con il power di chiara matrice americana; la title track è uno dei pezzi più belli all’interno del disco: dall’incedere veloce e dalle valide linee vocali questo pezzo si snoda tra accelerazioni e parti cadenzate mentre le chitarre si inerpicano attraverso riffs spacca sassi. La voce di Nadir appare adeguata e sebbene non riesca ad avvicinarsi al suo predecessore si dimostra attraente e interessante.
In “Transfusion Vamp” inserti di parti elettroniche fanno la loro comparsa (molto leggera in ogni caso) mentre la struttura della canzone ricorda molto da vicino i brani presenti su “Resurrection” di Halford mentre finalmente D’Priest inizia a tirare fuori la voce regalandoci tutta una serie di acuti che ben fanno sperare sul futuro di questo ragazzo all’interno della band. Si riparte di nuovo velocissimi con la successiva “Leathrette” dove la doppia cassa accompagna le chitarre per gran parte delle canzone fino ad esplodere in un ritornello che farà la gioia dei fans in sede live.
Dopo la non proprio riuscita “Angels” canzone a mio avviso un po’ troppo lunga e scontata, gli Steel Prophet ci regalano due autentiche perle: sto parlando di “You are my life”, brano molto introspettivo che alterna parti lente con un sognante arpeggio di chitarra a sfuriate devastanti e di “Lost my way” dove un pesantissimo riff thrash risulta essere la struttura portante dell’intera canzone. Contaminazioni thrash si fanno sentire anche nella successiva “Political greed” nella quale un riff in stile Testament ci colpisce in faccia più forte di un pugno, mentre Nadir regala una prestazione vocale al limite dei Death Angel e dei Tourniquet.
Chiude infine il disco la strumentale “Moonsilauke Cascade” veloce e dal continuo riffing presente per tutta la durata del pezzo.

Un graditissimo ritorno dunque, gli Steel Prophet sono tornati per suonare e per infiammare le casse dei nostri stereo. Certo manca la voce di Rick e questo è un gran problema in quanto D’Priest non riuscirà mai ad eguagliare le doti artistiche del suo predecessore. Tuttavia mi sento di dare fiducia a questo nuovo elemento in quanto mi sembra dotato dell’attitudine e del carisma necessario per poter essere il nuovo frontman di una band come quella in oggetto.
Il gruppo comunque sforna un ottimo disco di heavy metal classico di chiara matrice americana che farà la gioia di tutti i fans che aspettavano ormai con ansia il ritorno del combo a stelle e strisce.

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