Quando si parla di Skinny Puppy si fa riferimento ad una vera e propria istituzione in campo industrial/ebm. La data di fondazione della band risale addirittura al 1982, gli album pubblicati, invece, non si contano nemmeno sulle dita di due mano.
Dopo la reunion di qualche anno fa ed un primo capitolo denominato “The Greater Wrong Of The Right”, i canadesi tornano nuovamente a scaldare i dj set dei circuiti underground con il rilascio di questo “Mythmaker”, al solito monito pubblico nei confronti del controllo mediatico e delle sue ripercussioni psicologiche. Rispetto al disco precedente, che rompeva un silenzio durato ben otto anni, questo nuovo pargolo cerca testardamente di riportare le coordinate stilistiche della band sui binari musicali che li hanno resi famosi negli anni ’90, quelli caratterizzati da un sound molto enigmatico e cibernetico, ricco di sfumature ambient, apocalittiche, dark e sintetiche. Nel fare questo, però, Key e Ogre snaturano quello che è il loro reale stato di salute in favore di un’operazione che potrebbe far rimpiangere addirittura “The Greater Wrong Of The Right”, di per se niente di così trascendentale. “Mythmaker”, difatti, sembra concepito secondo logiche poco ispirate e convincenti, contando sulla decennale esperienza degli attori sotto esame e sul buon seguito di nuovi adepti che, comunque, la reunion contribuito ad incrementare. Non mancano sprazzi di antica genialità (“jaHer”, “lestiduZ”, “politikiL”…) ma il risultato finale, a giochi fatti, frena inesorabilmente lo slancio di una compagine che, a questo punto, sembra aver dato il meglio di se in album come “The Perpetual Intercourse” e “Rabies”.
Disco che gravita sul limbo della sufficienza, lontano anni luce dai capolavori del passato…

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