Attivi dal 2004, giungono alla prima vera uscita discografica con questo Hellbound i Paincraze, band svedese dedita ad un Thrash dalle fortissime tonalità statunitensi (Anthrax, Metallica e via dicendo).
Arrivano al pubblico con un disco che viene lanciato dalla Two Side Moon, e che presenta nove tracce musicali. Tracce che non sono da buttare, anzi, sono suonate con precisione scolaresca. Però l’album si presenta privo di mordente, privo di caratteristiche che possano farlo emergere dal pentolone delle migliaia di band che si dilettano nel Thrash Metal e che si limitano a effettuare il compitino assegnato, ovvero a suonare song valide ma troppo simili ai capisaldi del genere, peraltro senza inserimenti personali di sorta, il che vuol dire che per ben suonati che siano i brani risultano asoolutamente simili tra loro, e diviene difficile riuscire, al termine dell’ascolto, che comunque scorre via bene, ricordare un brano rispetto ad un altro.
Le song possono essere divise in due categorie: quelle “lente”, dove per lente si intende cadenzate, pesanti, gravi sia nella musica che nel cantato ( “Hurt”), e quelle veloci, che solitamente sono presentate alternate alle precedenti, e che invece ricordano molto in Thrash anni ’80, con riff di chitarra consistenti e persistenti, invariabili per tutta la durata del brano, e solo drums e voce a variare per creare un intreccio sonoro con la base. Di questa seconda categoria fa parte “I’m Grateful”, forse la song migliore del lavoro, che presenta unn asfalto musicale un po’ più complesso e lavorato interrotto da un valido guitar solo.
Da questo punto in avanti si rialza un po’ l’asticella della qualità e dell’energia dell’album, con la voce del singer Goran che diventa una sorta di Phil Anselmo su riff sempre più ripetitivi ma anche più grintosi, che giocano a fare stop and go con la batteria.
La conclusiva titletrack non rialza la sorte ormai segnata dell’album, che è quella di essere l’ennesimo buon disco da ascoltare una volta, due al massimo prima della noia.