Gli Olympos Mons arrivano dalla Finlandia e con il loro album di debutto Conquistator cercano di ritagliarsi una piccola fetta di popolarità all’interno della scena metal mondiale. Nonostante quest’ultima sia oramai satura di band che suonano le stesse cose la band finlandese riesce a dimostrarsi sufficientemente interessante e riesce a sfornare un discreto dischetto che sicuramente arriverà a destare l’interesse di molte persone. Musicalmente gli Olympos puntano a colpire l’attenzione dell’ascoltatore attraverso canzoni dirette e di facile presa scartando del tutto l’idea di creare canzoni articolate e complesse. Il lavoro svolto dalle chitarre di Jari Sundstrom è notevole, i brani, come già detto in precedenza, si sviluppano attraverso riff piuttosto semplici e di facile presa così che dopo pochi ascolti i refrain rimangono in testa. Deludente invece in alcuni punti dell’album la prova del cantante Ian E. Highhill che in alcuni passaggi si dimostra purtroppo arido e privo delle capacità necessarie per far decollare i pezzi della band. Punto a favore del gruppo è l’ottima produzione di questo dischetto per merito di Limb Schnoor: le chitarre sono concretamente aggressive e cariche di mordente così come la sezione ritmica è compatta, mentre le tastiere riescono a conferire alle canzoni il pathos necessario rendendo i pezzi a volte molto oscuri, altre volte più ariosi.
Si parte con un mid tempo decisamente roccioso e “Seven Seas” si dimostra ruffiana al punto giusto per accendere la curiosità dell’ascoltatore e farlo andare avanti nell’ascolto di Conquistador: interessante è la presenza delle cornamuse scozzesi che accompagnano i ragazzi per gran parte della durata del brano; si prosegue poi con “Stars” e “The last light of the moon”: la prima promette di fare sfacelo in sede live essendo un pezzo power molto veloce e diretto dal ritornello fin troppo orecchiabile, mentre la seconda risulta a mio parere un po’ troppo noiosa complice anche il cantato di Highhill piuttosto incerto. Ancora power metal spedito con “Wanted man” mentre la successiva “Black” esce finalmente dagli schemi classici del power e iniziamo a trovare interessanti cambi di tempo e soluzioni compositive e artistiche piacevoli. Curioso l’esperimento ottenuto con “Cleopatra” che si muove attraverso riff di matrice orientale che riescono a conferire al brano un alone di mistero e oscurità. Degna d’attenzione la successiva “The princess of Saba” che vede i nostri impegnarsi ancora in composizioni di stampo orientale, ma questa volta ben miscelate con una gran dose d’epicità. Termina l’album la lunga suite “Conquistador” che tra continui cambi di tempo e accelerazioni riesce a chiudere degnamente quest’interessante debutto.
Insomma, in una scena oramai satura di band che suonano le stesse cose, questi Olympos Mons riescono a elevarsi leggermente al di sopra della media riuscendo a comporre un discreto album di debutto che a mio avviso riuscirà a destare l’attenzione di un certo numero di persone (complice anche una copertina stupenda). Se vi piace il power veloce ed epico e non sapete che cd comprare in questo periodo allora fate un pensiero sugli Olympos Mons.