Pier Gonella, nuovo chitarrista dei Labyrinth ci parla un po’ di quella che è la sua nuova avventura musicale: sto parlando degli Odyssea, che con il loro disco di debutto si sono prepotentemente ritagliati uno spazio all’interno del music business italiano e promettono di fare faville.
Buona lettura dunque, tante notizie vi aspettano e anche qualche golosa anticipazione sui Labyrinth.

Ciao Pier, e benvenuto su H-M.it!
Ciao e grazie a te per l’intervista!

Tanto per iniziare e rompere un po’ il ghiaccio che ne diresti di presentare Pier Gonella e gli Odyssea ai nostri lettori?
Eh.. l’autopresentazione mi mette in difficoltà ..Pier Gonella è un attivo chitarrista genovese. Gli Odyssea sono nati nel 1999 e inizialmente dovevano essere la mia band, poi dopo il mio ingresso nei Labyrinth nel 2003 sono diventati il mio side project. Odyssea ha in ogni modo una sua identità musicale, differente dai Labyrinth, e grazie all’incontro con la Scarlet abbiamo pubblicato il nostro primo album “Tears in floods”.

Ho avuto modo di ascoltare molto attentamente “Tears in Floods” e sebbene la musica proposta dagli Odyssea sia di chiaro stampo power metal ho trovato molte influenze prog e soprattutto un certo modo di suonare assoli che rimandano a Malmsteen e Satriani: mi sbaglio oppure questa scelta deriva dal tuo background musicale?
Sono cresciuto studiando appassionatamente i brani dei chitarristi da te citati, ma in realtà non sono legato a loro in modo particolare. Diciamo che mi ha sempre appassionato la musica strumentale chitarristica, e quindi l’idea di approfondire lo studio della chitarra, sia nella tecnica sia nel gusto. Per il resto ho ascoltato veramente di tutto, dagli AC/DC agli Slayer, diciamo che nelle mie composizioni cerco sempre la melodia, accompagnata da un minimo d’originalità senza storpiare i pezzi per fare qualcosa d’originale a tutti i costi.

Quali sono i temi che affronti all’interno dei testi di “Tears in Flood”? E’ forse un concept album?
No, non si tratta di un concept, anche se è vero che molti testi vertono sugli stessi argomenti. La title track, “Tears in floods Pt2” parla dell’uomo che, per raggiungere il potere, il successo o qualunque altro suo scopo, si mette contro altri uomini e finisce per autoannientarsi. E’ anche il tema della copertina, il cui nome originale è “Remnants of power”. I giganti di pietra in mezzo al mare rappresentano appunto l’uomo che si ritrova distrutto e svuotato d’ogni valore.
Nella ballad “Try again” invece ho cercato di esprimere la fatica e la sofferenza di un musicista o di una band che fa di tutto per affermare la propria musica. Infine in “Falling star” cerco di raccontare la storia di un uomo che s’interroga sul significato dell’esistenza e, vedendo una stella cadente, si accende in lui una speranza. Insomma sono più che altro mie piccole riflessioni.

Ho notato che in quasi tutti i brani di “Tears in Floods” le tastiere svolgono un ruolo certamente primario, dando un’impronta “elettronica” e molto “futurista” a tutte le canzoni…è una scelta voluta?
Certamente. Da una parte la musica elettronica sperimentale mi ha sempre affascinato, dall’altra a mio gusto personale non mi piace quel power metal pieno di suoni di tastiera classici tipo violini e clavicembali, che spesso sono usati in modo esagerato e appesantiscono i brani. Non ho voluto avvicinare la musica metal a quella elettronica, anche se questa è stata l’impressione di tanti recensori. Ho cercato solo dei suoni più moderni, diversi dal solito, che danno un’impronta più futuristica al disco. Appena si parla di suoni elettronici la gente pensa subito alla musica techno o commerciale, ma si tratta di tutta un’altra cosa, a mio parere di un mondo ancora tutto da esplorare.

“Tears in floods” è uscito ormai da qualche settimana e tu sarai molto impegnato nella sua promozione, hai già avuto qualche riscontro dal punto di vista delle vendite?
In realtà non so ancora darti delle cifre; è ancora presto perché buona parte della promozione per quanto riguarda stampa e web sta uscendo ora. Quello che ti posso dire è che il primo impatto con le recensioni di tutto il mondo dimostra che il disco è piaciuto ovunque, e il mercato lo ha recepito molto positivamente.

Una domanda un po’ cattiva.. recensisci “Tears in floods”: quali consideri i punti di forza e quali i punti deboli. Insomma che ne pensi?
I punti di forza, a mio parere, sono le melodie dei pezzi. Li ritengo semplicemente “belli”, piacevoli da ascoltare. Punti deboli veri e propri non ne vedo, se non alcune imperfezioni nella produzione, che per fortuna sento solo io che ho registrato il disco.. di sicuro l’esperienza di un anno di tour coi Labyrinth e l’aver appena finito di registrare un album con loro mi hanno fatto crescere musicalmente, e quindi so per certo che il prossimo Odyssea sarà ancora meglio.

Come band siete completamente soddisfatti del lavoro ottenuto o adesso che “Tears in floods” è uscito cambieresti qualcosa?
Siamo molto soddisfatti e non pensavamo di arrivare a questo risultato perché il cammino è stato veramente travagliato. Sono partito dal nulla e con pochissimi mezzi a disposizione. Certo che se ora lo registrassimo di nuovo da capo verrebbe ancora meglio, ma questo vale per qualsiasi disco.

Avete già pianificato qualche data live?
Ci stiamo muovendo ora per organizzare delle date italiane verso dicembre-gennaio.

Ho trovato le canzoni degli Odyssea particolarmente complesse ed elaborate e abbastanza difficili da assimilare, è stato arduo per te comporre i pezzi seguendo questa direzione oppure sono nati in maniera spontanea?
Per me è stato assolutamente spontaneo, come sempre quando si compone qualcosa. In realtà io ho sempre pensato il contrario, in altre parole che i pezzi sono quasi tutti di facile ascolto. Dipende dalla musica che siamo abituati ad ascoltare. Ho notato una certa discordanza tra i recensori su questo fatto; c’ è chi considera Odyssea più vicino al prog e quindi più sperimentale, chi lo considera a tutti gli effetti un album power e quindi abbastanza immediato. Ovviamente non ho nulla da dire sui gusti di nessuno, la verità secondo me sta nel mezzo…

Malmsteen e Satriani sembrano proprio essere due grandi autori per te; so che con i The extremist rendi il giusto tributo proprio a Satriani. Com’è nata questa idea?
Il primo esperimento avvenne a Genova quando dovevo suonare qualche pezzo in una fiera , nello stand di un liutaio genovese per promuovere le sue chitarre, così mi procurai qualche base di Satriani e Malmsteen. Da lì cominciai a fare qualche serata finché mettemmo su il gruppo. In realtà non sono assolutamente un “feticcio” di Satriani. Suonare i suoi pezzi mi diverte tantissimo, e facendolo con un gruppo semplicemente mi tolgo un pò di soddisfazioni.

Riuscirai a far collimare gli impegni con tutte le quattro band che hai? D’altronde ora Labyrinth e Odyssea sono le tue band primarie, pensi di dedicare meno tempo ai The extremist e ai Progressiva oppure sei sicuro di riuscire a dare il 100% per tutti loro?
Tutto dipende dagli impegni coi Labyrinth. The Extremist è una band di cover, perciò è un jolly per fare qualche serata quando abbiamo tutti più tempo libero. Odyssea da quando sono chitarrista dei Labyrinth è diventato un side-priject. Coi Progressiva suono ormai da un sacco di anni, mi trovo a che fare con ottime persone oltre che ottimi musicisti, e finché c’è rispetto da entrambe le parti non si creano problemi particolari.

Cambiando discorso, come sei riuscito a prendere il posto di Thorsen nei Labyrinth? E come ti trovi con gli altri ragazzi?
Sono entrato nel gruppo nel maggio 2003, poco prima dell’uscita di “Labyrinth”. Inizialmente dovevo essere chitarrista live, poi data la grande intesa nata fin dall’inizio gli altri mi proposero di entrare come membro ufficiale. Avevo conosciuto Roberto qualche anno prima, grazie a Carlo della “Città della Musica” di Genova, che mi aveva organizzato un’audizione con lui. Roberto ascoltò i primi demo di Odyssea (siamo nel 1999 circa) e li apprezzò molto. Mi disse subito che aveva troppi impegni musicali per cantare sul disco, ma si prese l’impegno di partecipare come ospite. Successivamente conobbi Andrea De Paoli perchè avevo preso parte al progetto solista di Wild Steel, a cui inizialmente doveva partecipare anche lui. Così quando venne fuori il discorso nuovo chitarrista in casa Labyrinth sia Roby sia il Mec spinsero per farmi fare un’audizione…e così fu. Abbiamo appena terminato un tour in Giappone, Taiwan e Cina, e attualmente stiamo registrando il nuovo disco,che uscirà con l’anno nuovo. Siamo un gruppo molto compatto,e ciò emergerà di sicuro dall’ascolto del nuovo disco.

Siete già a buon punto con la stesura dei nuovi brani o dovremo aspettare ancora qualche annetto prima di poter ascoltare un nuovo album dei Labyrinth?
Siamo prontissimi. Attualmente stiamo mixando. Il nuovo disco dei Labyrinth uscirà per febbraio-marzo 2005. Inoltre stiamo editando un bel po’ di materiale video ma purtroppo per ora non posso anticiparti altro.

Bene, io ho finito. Ti lascio lo spazio per dire quello che più desideri ai nostri lettori. Ciao e grazie!
Intanto grazie a te e a heavy-matal.it. Saluto e ringrazio gli altri Odyssea, cioè Carlo, Oscar e Chris; saluto e ringrazio tutti alla scarlet, i Labyrinth e il manager “cobra” Fabrizio Giruzzi, e invito tutti nei siti www.piergonella.com e www.labyrinthmusic.it per gli aggiornamenti live. A presto!

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