Che i Necrodeath siano una delle più solide e concrete realtà che abbiamo nel nostro paese, per quanto riguarda il metal della frangia più estrema, è cosa risaputa. Ho memoria di una vecchia intervista fatta nientemeno che a Phil Anselmo (ex Pantera, ora nei Down), che lodava le gesta del gruppo italiano, dimostrando che i quattro sono conosciuti anche fuori dalle mura amiche e da personalità di spicco nel mondo musicale.
Capirete quindi, dopo questa premessa, quanto sia attesa tutte le volte una loro nuova pubblicazione, ben sapendo che non si rimarrà mai completamente delusi. Ecco che allora nasce un nuovo capitolo, il fresco “Phylogenesis”, ancor più atteso dato che arriva dopo il mezzo passo falso qual è stato “Draculea”, interessante concept album, ma a dire il vero un po’ troppo coraggioso e complesso, poco immediato e leggermente troppo “lento” per gli standard ai quali i nostri ci hanno abituato. Ecco allora una sorta di ritorno al passato, che tanto ci si auspicava. La cosa che farà felice ogni fan della band, è che il disco in questione ha come punti di riferimento tutti i suoi colleghi più tirati e veloci di sempre. Non credo sia necessario aspettarsi chissà quale innovazione da parte di una formazione che ha sempre viaggiato sugli stessi binari. Certo dopo le novità del già citato “Draculea” e gli azzardi (pochi a dire il vero) di “100% Hell” un album del genere casca proprio a fagiolo.
Ci ppteva essere una qualche sorta di preoccupazione sull’inserimento in pianta stabile di Pier Gonella alla chitarra, dato soprattutto il suo background non propriamente “estremo”, ma anzi basato soprattutto su sonorità più classicheggianti e progressive. Niente paura invece, il bravo musicista dimostra ancora una volta il suo innato talento, adattando le sue capacità ad una musica per così dire “nuova”, contribuendo fra l’altro anche in fase di songwriting e donando nuova freschezza a tutta la macchina-Necrodeath, che sembra aver di nuovo i meccanismi oliati alla perfezione proprio grazie alle nuove leve.
Ventata di freschezza che ha dato una marcia in più ad ogni brano del nuovo lavoro, facendo sì che anche i due padri assoluti del progetto si siano dati da fare per dare il meglio di loro stessi. Cosa poter dire, ad esempio, di un batterista come Peso? Esempio di onestà e dedizione, in assoluto uno dei batteristi migliori sulla scena italiana, ancora una volta ci rende partecipi del suo stile precisissimo e davvero riconoscibile. Ma anche il “solito” Flegias dietro al microfono, con le sue screaming vocals sempre in primo piano pronte ad evocare ogni tipo di malvagità.
Il mix di thrash, black e death metal qui è diretto, come si era potuto riscontrare con risultati eccellenti su full-length come “Mater Of All Evil” o “Tone(s) Of Hate”, non lascia scampo e continua a mietere vittime nel suo percorso. Si parte subito all’impazzata con la devastante “Awakening Of Dawn” una vera e propria mazzata sulle gengive, tipico esempio di come si possa risultare convincenti con una semplicità di fondo che però colpisce perfettamente nel segno. Ottima anche “Time Never Dies”, un thrash metal diretto e senza fronzoli, come da tradizione. Necrodeath non vuol dire però solo semplicità. Lo dimostrano brani più complessi e lavorati, come “I.N.R.I.” o la finale “Final War”, che fanno coesistere al loro interno diverse atmosfere e diversi ritmi, la prima concedendosi qualche sfuriata più veloce, la seconda snodandosi quasi per intero su mid o up-tempos.
“Phylogenesis” rappresenta un po’ un riassunto di quello che sono stati i Necrodeath. Con questa nuova fatica sono riusciti, su di una base più estrema, a costruire un qualcosa di davvero speciale e particolare, usando le sperimentazioni degli ultimi anni solo come contorno, senza lasciare che si impadroniscano prepotentemente di tutto lo spazio, dimostrando una maturità artistica raggiunta ormai al cento per cento.
Sarebbe ora che tutti cominciassero ad aprire gli occhi e tenere in considerazione band di questo tipo, vale lo stesso discorso fatto per l’ultimo disco degli Extrema. L’unico rimpianto può essere quello che se un gruppo del genere fosse stato originario della Germania, ad esempio, invece di essere italiano, avrebbe fatto sfaceli, alla pari di moltissimi altri blasonati ensemble.
Aprite gli occhi quindi, mi rivolgo a tutti. Non sarà mai troppo tardi per dare qualche chance a qualcuno che, pur avendo ormai più di vent’anni di carriera alle spalle, sembra aver trovato il modo per fermare il tempo… Ancora una volta, grazie Necrodeath!

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