I portoghesi Moonspell presentano ufficialmente il loro nuovo full lenghth “Alpha Noir”, che vede accanto ad esso, invece che dvd o altro materiale di affiancamento disco, un bonus album, “Omega White” ovvero, come piace definire a loro, il gemello di Alpha Noir, l’altra faccia della medaglia. Decisamente ottima come idea ed iniziativa, che fa e (mi fa) rivalutare ancora di più questo gruppo, proprio in nome del concept (anche se onestamente abbastanza pompato dal punto di vista pubblicitario), e quindi dell’anima di questo disco dalla doppia personalità. Solitamente quando si fa molto “rumore” per presentare le caratteristiche e le motivazioni di un determinato lavoro, quando si va al momento dell’ascolto ci si disillude in fretta di quello che è stato decantato dallo stesso gruppo, ma questo, devo dire obiettivamente, che non è assolutamente il caso loro. Hanno fatto centro.
Le loro descrizioni e la loro sponsorizzazione molto accentuata in merito a questo sdoppiamento è veramente coerente. Alpha Noir e Omega White, in contrasto già a partire dai nomi ed anche in contrasto effettivo come sonorità . E’ una bilancia musicale perfetta questo lavoro. In Alpha Noir troviamo melodic gothic/trash/death e black metal. In Omega White troviamo gothic metal ma anche dark rock e dark metal. Il primo più deciso arrabbiato, infernale, oscuro e sporco; il secondo lascia spazio a melodie molto più dolci e sognanti, più pure e più pulite. In un intervista Ribeiro afferma relativamente al disco, ma altresì relativamente alla band, che “una band deve avere un passato glorioso, in presente solido ed un futuro luminoso. Deve saper convivere con i propri fantasmi e le proprie ombre, plasmando luce e tenebre (relativamente a Noir e White in questo caso) che possano migliorarli nel tempo, per essere sempre corretti con i loro ideali, nel cuore nella mente e nella carne.” Questo fa già capire a grandi tratti l’idea di base e partenza che la band ha di se stessa e di questo lavoro in particolare. Per quanto riguarda l’album, ci troviamo ovviamente davanti ad un un lavoro di concetto, il quale definisce e fa risaltare l’anima e il cuore della band stessa, che come ogni cosa ha voluto descriversi attraverso lo sdoppiamento della sua personalità, del suo carattere gothic oscuro e arrabbiato e quello più sognante, sensuale e romantico. L’ambizione sicuramente è una delle loro peculiarità, come già citata nelle parole di Riberio precedentemente.
Il migliorasi, l’essere corretti, significa per la band possedere non di qualche “trono”, non di essere al potere di qualcosa in particolare, ma il miglioramento deve essere una chiave di trascinamento dei fan, della gente, attraverso “navi che trasportino la nostra anima e il nostro cuore in nuovi mondi”, proprio come accadeva nel passato. Interpretandola personalmente , credo che Ribeiro abbia voluto porre un accento piuttosto marcato su questo concetto di passato presente e futuro . Il passato ci deve far passare attraverso un presente per migliorare il futuro. Vedo e interpreto molte chiavi di lettura relativamente a questo album e lo trovo assai affascinante ed anche giusto, seppur a prima vista potrebbe essere banale o ripetitivo come concetto.
Ricordiamo che anche i Borknagar avevano questo concept o comunque questo pensiero per il loro ultimo lavoro, con cui “Roots” apriva la strada al passato per andare avanti nel presente e nel futuro,con i probabili prossimi album, relativamente a quello che avevano dichiarato. Probabilmente c’è voglia di cambiamenti e di visuale panoramica sull’aspetto umano e del mondo, passando e finendo in un contesto “infernale”. Dette le caratteristiche in linea generale, passiamo al succo di questo egregio lavoro, che mi ha colpita dal punto di vista concettuale ed anche sonoro , nel dettaglio :

Alpha Noir
E il primo rovescio della medaglia, la prima parte di questo lavoro che vede la parte oscura dell’uomo, quella che parte dal passato. Che vede sonorità incendiarie, sporche ed arrabbiate date proprio dalla presenza di death e black metal e ricalcate ancora di più dal trash che caratterizza molte parti. I Moonspell hanno voluto prendere spunto e rievocare i vecchi Metallica, Restament, Bathory, King Diamond e per la parte più trash gli Ounslought, Ribeiro sfoga la sua voce graffiando l’intero album, da’ personalità e corpo. L’album si apre con un intro quasi cinematografica, passa attraverso un riff e la voce in sottofondo di Riberiro che inizia a cantare di questo Axiis Mundi, descritto vocalmente in maniera potente, in alcuni tratti cadente, storpiato, con pause di riflessione e dopo per riprendere di nuovo con il growl. “Licanhtrope” è“ l’inno al lupo” con tanto di “ululate growl” dove si sentono anche differenze di toni all’interno, per dare probabilmente ancora più realtà e ferocia a questo pezzo. Il video di questo pezzo è stato realizzato da Filippe Melo, il quale ha voluto mescolare all’interno del suo filmato il paganesimo portoghese con la tipologia classica hammer, creando a pennello sulle note della canzone, immagini evocative di un “cappuccetto rosso entrato per sbaglio in un bar di mostri e licantropi”. Vedremo a sorpresa la funzione che la band avrà in questo video, anche se si preannuncia una sorta di “video-capolavoro” , anche per la mole di staff coinvolto.
Detta questa curiosità continuiamo e stiamo sulle sonorità dell’album. Passiamo attraverso Versus che però trovo non troppo coinvolgente, anzi abbastanza scoordinata. Valida invece per la parte strumentale. A differenza di quella successiva, la title tack “Alpha Noir” dove il coinvolgimento lo trovo eccome, soprattutto nella ripetizione di questo titolo da parte di Ribeiro durante il finale che fa evocare veramente questo “oscuro inizio”sia attraverso la parte vocale che quella data dal basso che lo trovo spettacolare in questo pezzo e a parer mio è la traccia più bella. “En nome do Medo”, ovvero “in nome della paura”, è in portoghese e non stona per nulla con”l’anglofonia” dell’intero album, anzi personalmente trovo sensualissima la loro madrelingua e pure nel death e nel black sinceramente lo fa risaltare ancora più sporco e truce, ma in maniera affascinate. Anche questo pezzo sinceramente è energico, anzi un energico-funereo, a tratti epico, evocativo di una paura a cui l’uomo non potrà mai sottrarsi. Ribeiro, pure qui, fa un eccellente performance. I cori finali, apocalittici, non li trovo pomposi ma adattissimi.
Con “Opera Carne” la parte strumentale fa da padrona, l’intro la trovo eccezionale, le sonorità decise e melodiche, Ribeiro sta sempre sui suoi toni, il suo growl è perfetto, il ritornello è potentissimo e la pluralità di voci su sottofondo epico da un buon effetto,senza assolutamente appesantire il pezzo. “Love is Blasphemy” è un buon pezzo anche se me lo aspettavo con più carica erotica mentre con “Grandstand” risaliamo di qualità, in quanto lo trovo più vivo e particolare. “Sine Missione” è la fine missione di questo album che ha concluso questa epopea in modo assai, assai epico, ma veramente grandioso. Oltre che dare una marcia in più all’album ed oltre ad essere decisamente epic nel vero senso della parola, rende il concetto dei Moonspell ancora più reale e coerente con le loro affermazioni riguardo all’album stesso. L’ assenza della vocalità in questo ultimo pezzo è fondamentale per far risaltare l’immensità del finale e direi che hanno fatto centro.

Omega White
La seconda parte del disco, questo “bianco finale”, il rovescio della medaglia dell’”irreligioso” Alpha Noir, racchiude caratteristiche sonore goth metal, assai evocative. Hanno richiamato la profondità dei Type o Negative e la personalità dei Sister of Mercy, ovvero , gruppi di assoluto riferimento per loro. L’idea del bianco, del puro, della pausa dai toni chiari pervade questo album, naturalmente rispetto al primo. Il contrasto è decisamente positivo per vedere nel complesso questo lavoro, anzi capolavoro oserei dire, come gli stessi Moonspell hanno definito. Non è esagerato quando dicono che ogni canzone è un gioiello; la luminosità di questo album è forte ma calda. Questo album personalmente lo definirei come “gothic prog”, a partire da “WhiteOmega” dove in molti tratti sento addirittura (e mi azzardo a dirlo) accenni alla Porcupine Tree e Dream Theater. Si passa per l’orecchiabile “White Skies” e qui il timbro dei Sister of Mercy eccome se si sente, “Fireseason” molto dark rock e qui Ribeiro in alcuni tratti somiglia a Gahanpersino.
In “New tears Eve” invece ci ritrovo sonorità alla Type o Negative ed anche la voce di Ribeiro direi che ci si avvicina abbastanza aquella di Steele, “Herodisiac” è un pezzo con riff potenti e lo trovo anche abbastanza ‘erotico’, come a loro dire. “Incantatrix” è un pezzo fresco, primaverile, adatto al momento in cui è uscito questo album ed è la più bella per me, almeno in questa seconda metà del lavoro, anzi incantevole. Anche qui i Type si fanno sentire e debbo dire che nonostante sia una nostalgica di Steele, Ribeiro riesce a sostituirlo egregiamente. Farei una faccina che sorride vicino a quel che ho scritto, ma evito per decenza, perché mi piace proprio tanto questo pezzo, credetemi enon smetterei di ascoltarlo. “Sacrificial” è già più oscura perché caratterizzata da piccole parti di growl molto calcato, assai coinvolgente come pezzo ma nel contempo rilassante. A “Greater Darkness” sinceramente nell’intro, mi ricorda un altro pezzo, però plagi permettendo, anche questo decisamente rispecchia il carattere calmo di questo Omega White. Personalmente, per i miei gusti più tendenti ad un goth rock piuttosto che un melodic goth death/black metal come in Alpha Noir, preferisco questa seconda parte, che mi fa alzare notevolmente la votazione di questo lavoro.

La band ha lavorato davvero bene, non ha peccato in monotonia; i pezzi anche se in certi punti come già sottolineato dove era necessario, erano scoordinati tra strumentale e vocale, riacquistavano immediatamente equilibrio grazie alla loro energia e carica oscura. Alle loro cavalcate epiche, ma non troppo “galoppanti” , ed alla versatilità della voce di Ribeiro, che anche quando fa growl, è affascinante. Che dire, si erano meritati, sia nel ’98 con Sin /Pecadonel e sia nel 2006 con Memorial, un posto esimio nella scala metal e per me tutto ciò, cioè il loro valore, è confermato ancora una volta da questo lavoro. Ricordiamo che il tutto è stato prodotto e mixato da Tue Madsen e pre prodotto da Benny Richter per la Napalm Records.
Il detto il troppo stroppia è vero, ma in questo caso lo stroppio dell’album gemello ha dato sicuramente una spinta enorme al mio “piaciometro”, ovviamente, per gusti personali. E’ un lavoro ricco di sfumature, non è assolutamente piatto, anzi, è notevolmente fluttuante nel senso di verticalità, che appena poco poco che scende in qualità, riprende a gran forza in salita. Un album tutto da ascoltare e apprezzare sia per la parte strumentale dove sentiamo un Pereira scatenato in molti punti (il basso è fondamentale in questo album e da davvero corpo,) riff e assoli composti e non indisciplinati, ma energici me di carattere da parte di Amorim in primis e di Paixao, che ricordiamo è pure tastierista e che anche lui ha avuto discreto ruolo con quello strumento, anche se mi sono concentrata su altro, o meglio mi hanno colpito altre cose già dette; anche la batteria di Gaspar ha avuto decisamente un buon ruolo in questo album di ed infine di Ribeiro direi che ne ho già decantato abbastanza le doti e la bravura.

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