Giunti ad un certo punto della propria carriera di musicista, è meglio mettersi di punto in bianco a suonare qualcosa di completamente nuovo senza averne però nè le capacità nè l’ispirazione necessarie, oppure è meglio dedicarsi a ciò che è sempre riuscito bene bilanciando con oculatezza le novità stilistiche?
In altre parole, è meglio cominciare a percuotere i fustini del Dixan, dimenticare il significato di “assolo”, raffazzonare delle composizioni, produrle peggio ed ottenere alla fine un polpettone alla “St.Anger”, oppure è meglio mantenere il proprio marchio di fabbrica inconfondibile, lavorare sulla qualità delle canzoni, innovare con criterio e cercare di rendere vario e scorrevole il disco?
La risposta è, ovviamente, scontata: meno scontato era il fatto che, dopo le varie vicissitudini degli ultimi anni (prima l’infortunio, poi lo scioglimento, poi ancora i dissidi con Ellefson ed infine la “reunion”), Dave Mustaine riuscisse a tornare sulla scena con un album che facesse dimenticare l’impresentabile “The World Needs a Hero” e, per molti, anche l’enormemente discusso “Risk”.
Fortunatamente, la strada intrapresa da Dave si è anche stavolta rivelata ben diversa da quella degli “eterni rivali” Metallica, pure e soprattutto dal punto di vista dei risultati.
Rivitalizzato e più determinato che mai dopo la “pausa forzata”, Mustaine ha assoldato dei musicisti di spessore non indifferente ed ha dato alle stampe un disco che è in un certo senso la “summa” di quanto fatto finora dai Megadeth, senza limitarsi per questo alla riproposizione di cose già sentite ma al contrario cercando di inserire anche diverse novità che, assieme all’ispirato songwriting, rendono “The System Has Failed” un disco finalmente degno del logo stampato in copertina.
Le composizioni, tutte opera esclusiva di Mustaine, sono brillanti, a volte “spiazzanti” come nella migliore tradizione: molto frequenti i cambi di tempo e di riff, spesso insolita la struttura, particolari e al tempo stesso coinvolgenti le melodie, e poi intrecci di chitarre, armonizzazioni, assoli.
Proprio questi ultimi sono uno degli aspetti che elevano questo album ad un livello superiore: a duettare con Mustaine troviamo nientemeno che Chris Poland (già coi Megadeth sui primi due dischi ed in seguito autore di una rimarchevole carriera solista), ed il risultato è un numero impressionante di grandi assoli, una goduria per le orecchie nonchè una autentica manna dal cielo di questi tempi.
Un altro aspetto notevole è la prova vocale di Dave (una delle voci piu’ indimenticabili di tutto il metal), scatenato ed espressivo come ai bei tempi; o ancora, si potrebbe parlare dei testi, come sempre caustici e arguti.
A questo punto è difficile scegliere i brani più indicativi di “The System Has Failed”: come detto il disco è eterogeneo, e propone schizzati headbangers vecchio stile (“Kick the Chair”, l’ottima “Blackmail the Universe”), brani cadenzati e massicci (“Something that I’m Not”) così come pezzi massicciamente melodici (“Of Mice and Men”).
Tuttavia è il caso di citare alcuni dei brani più particolari del disco, brani che alla fine risultano anche i più innovativi e avvincenti: ecco allora gli insoliti arrangiamenti della malata e fascinosa “The Scorpion”, il singolo “Die Dead Enough” con la sua melodia prorompente ma non banale, la splendida “Tears in a Vial” (che per me entra di diritto nella classifica dei brani più belli mai scritti da Mustaine) o ancora l’imprevedibile “Truth Be Told” che, volendo, ben rappresenta in effetti l’anima di questo album.
Dopo alcuni ascolti anche i pezzi apparentemente meno riusciti (il metal volutamente ultra-classico della insolita “Back in the Day”, o la conclusiva, ossessiva “My Kingdom”) si rivelano comunque benvenuti e interessanti: quello che otteniamo in conclusione è un disco molto vario che finalmente mette in mostra un songwriting ispirato e scorrevole, aiutato anche da una valida produzione ad opera di Mustaine e Jeff Balding.

Parliamoci chiaro: questo disco non piacerà ai soliti beoti che ad ogni uscita continuano ottusamente a pretendere un “Rust in Peace pt.2”, ma sono certo che farà felici tutti coloro che nel corso di quasi vent’anni hanno seguito l’evoluzione del sound ed hanno amato indistintamente sia “Peace Sells” che “Youthanasia”.
Dopo anni di attesa e le delusioni degli ultimi due album, finalmente possiamo dirlo: bentornato Dave!

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