Sette elementi per un’ora di pura e deformante violenza. Ecco come potrebbero essere descritti questi nostrani Hyra, supergruppo (numericamente parlando) che giunge con questo “Seek of Salvation” al primo album ufficiale per la Sweet Poison Records.
Cattiveria. Niente di più, niente di meno che cattiveria allo stato puro, viscerale, estrema. Non propongono il classico death metal già sentito e risentito decine di volte, anzi inseriscono quà e là spunti tecnici assolutamente innovativi o se non altro inusuali per il genere, puntanto con la prua verso direttrici nuove. Il basso suona spesso molto pop e funky, la voce è miscelata tra un glutturale mostruoso (e a volte un po’ pastoso e incomprensibile) e un demoniaco alto da mettere i brividi, simile al Dani Filth dei tempi d’oro.
Non c’è spazio per l’armonia, in questo album, o per i passaggi strumentali: tutto si fonde in un muro sonoro di urla e violenza, ma a tratti compaiono brevi spezzoni di pura ispirazione orinetale (chitarre e basso in particolare) a rendere il tutto molto più vario e, in fin dei conti, meno stucchevole all’ascolto, difetto questo che negli ultimi anni colpisce molte band dedite a questo sottogenere, che cadono nell’errore di infarcire troppo di violenza le loro song rendendo però gli album dei monoliti che alla lunga stufano.
Difficile sviscerare le song migliori, poichè la somiglianza tra le 12 tracce è tanta da rendere difficile una reale differenziazione. Per le caratteristiche musicali accennate poco sopra forse escono un po’ dal coro (in positivo) 2Lord Belial” e “Coward”, così come “I Hate” che si apre su un parlato spaziale prima di tuffarsi nel vortice di sangue e ferocia della musica. Da notare che questa è l’ultima song dell’album eppure forse è quella che più di ogni altra mostra la bravura dei sette scatenati italici: bel coraggio a tenere sul primo album la song più convincente per ultima, sintomo di sicurezza dei propri mezzi e di fiducia cieca in tutto quanto fatto e posto sull’album!
Due note particolarmente positivo questo cd, che può essere associato soprattutto agli ultimi lavori dei Meshuggah:
1) l’art work, ottimo, non particolarmente elaborato eppure molto incisivo e riconoscibile, con un libretto che (ahimè) non presenta i testi, ma i sette ragazzi in maniera ottima
2) l’intro: molto lunga ma incredibilmente efficace, nel suo creare un’apocalittico scenario che per pura associazione di idee mi ha ricordato il film Silent Hill, con sirene d’allarme dal suono sinistro e lento a perpetrarsi tra urla di demoni e di persone evidentemente terrorizzate, ferite, con sottofondo di donna insimante (non credo per una corsetta con le amiche) in un delirio di rumori e suoni terrificanti che per qualche minuto catapulta l’ascoltatore nel delirio dell’inferno, salvo poi bastonarlo con l’inizio della prima song “Last Breath” e riportarlo qui.