C’è fermento a Cortemaggiore, città d’arte della bassa Piacentina, e in special modo al Fillmore, maestoso locale situato proprio laddove il cardo e il decumano della cittadella fanno l’amore. Storico teatro che si è rifatto il belletto, per ospitare concerti variegati più di un gelato all’amarena. Dal Jazz, al Pop, musica leggera, e una volta al mese persino Metal. E stavolta è il turno degli Haggard, supportati da Sound Storm, Evenoire ed Avoral.

Arrivo sul presto, e già dalle 4 del pomeriggio cominciano ad annidarsi qua e la, al di fuori del locale, gruppetti di metallari bighellonanti e donzelle di nero vestite. Spezzo l’attesa tra un soundcheck e l’altro andando a zonzo per il paese che, se già all’apparenza avvolto di un drappo di magica eleganza, si adorna il capo con una corona di nevio candore. Simpatiche signore si aggirano per le vie, tenendo per mano bambini che attentano a veri e propri materassi di pizza, portici caratterizzati da volte a crociera, e la sensazione che il tempo abbia schiacchiato un pisolino di una buona manciata di secoli, dal momento che i suoi segni, in quei luoghi, non sono riscontrabili.

I cancelli si aprono, le spillatrici riempiono i boccali di biondissimo nettare, le mascelle lavorano sui panozzi, ed ecco salire sul palco, inaugurando la serata, i meneghini AVORAL, band che trova i suoi natali nell’anno 2011, dedita a un epic/classic metal di matrice prettamente fantasy. Sezione ritmica abbastanza convincente, sebbene i clichè dei generi d’appartenenza si contino su ben più di un palmo di mano, ma voce, ahimè, davvero decontestualizzata. Bel colore, ma timbro incerto, graffiante in talune parti, ma inadatta per le parti melodiche. Le temperature, questa settimana, avrebbero colto di sorpresa persino Nanuk L’Eschimese. Magari si è trattato solo di una performace “sfortunata”… .

 

 

Rapido ed efficiente il personale tecnico, che winzippa i tempi tipici del cambio palco, e fa rinfoderare le siga di coloro che stavano andando a fumarsene una fuori. E’ tempo, per gli EVENOIRE, di calcare il palco del Fillmore, quintetto del Cremonese che già solo dal look fa sfoggio delle proprie credenziali gothic. Questa volta la voce proviene da un’ugola femminile, che oltre ad essere evocativa e suggestiva q.b, muove sicura i propri passi on stage, ed attira l’interesse anche in virtù della propria beltade. Il songwriting mostra un’indiscutibile vena folk pulsante in questo ensemble, che mette a segno la propria performance costellandola di piccoli preziosismi quali, ad esempio, alcuni fraseggi di flauto traverso ad opera della cantante Lisy.

 

E’ già passato molto tempo, almeno un’ora e mezza! Ma sembra essere volato. Sia per la qualità dello spettacolo, sia perchè le band hanno avuto la fortuna di esprimersi grazie a un’organizzazione che ha concesso loro ben più dei 20 canonici e malcacati minuti, a volte anche a porte chiuse, che troppo spesso ormai vengono dati alle band spalla in concerti “grossi” e magari dietro lauto pagamento, da parte del gruppo, ovviamente.

Piemontesi di origine, i Sound Storm fanno il loro ingresso sul palco su di un intro che magnificente è dire poco. Ho piazzato una telecamera per fare qualche filmato, appena dietro il mixer, ma il risultato è stato pressochè fallimentare: dal momento in cui hanno attaccato con Back to Life, i listelli di legno del pavimento hanno incominciato a tremare! Il loro non è solo power metal, ma qualcosa di estremamente variegato e frutto di un intenso lavoro di condensazione di ogni genere musicale, unitamente ad atmosfere drammatico / horrorifiche, che fanno delle loro performance non solum dei concerti, sed etiam delle vere e proprie opere teatrali. Complici il frontman Philippe, vero e proprio mattatore sebbene affetto da un lancinante mal di gola, e la soprano Ilaria, che insieme, a suon di salti di ottave, disegnano scenari dalle sfumature gotico ottocentesche, pregni di pathos, sensazioni e colori.

 

 

 

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E’ il turno degli headliner, gli HAGGARD, gruppo la cui notorietà è indiscutibile per svariati fattori: la loro numerosa line-up, le spettacolari performance, la loro freschezza e capacità comunicativa dal palco, e last but not least, il fatto che dal 2008 lasciano friggere i propri fans, in perenne attesa della pubblicazione di un nuovo disco, che pare debba narrare delle fiabe dei Fratelli Grimm. Baciati dalla divina Euterpe, gli Haggard erano molto attesi dai fan Italiani, e a testimoniarlo è proprio la platea del Fillmore, ormai gremita di gente in balia della loro musica, una magica alchimia di metal, folk, di stampo rinascimentale e decisamente sinfonica. Il loro concerto è estremamente coinvolgente, e da ognuno di loro scaturisce un’energia figlia dell’arte, in grado di captare l’attenzione e deliziare l’udito anche del più bruto. Sorprendente la performance della soprano Su Ehlers, dolce e delicata nei suoi vocalizzi, quanto teatrale nelle movenze, ma pur sempre senza tralasciare la propria matrice metal, che la induce a scatenarsi in danze ed headbanging selvaggi che, personalmente, mi avrebbero procurato ben più di un’ernia al disco.

Quando si ha un dono e gli si lascia piena libertà di esprimersi, facendo spallucce a tutti i clichès e convenzioni, ecco venire alla luce creature divine come gli Haggard, dove di commerciale, artificioso, o deciso a tavolino non c’è nulla: il tavolino serve giusto per tracciare sulla mappa la strada da percorrere per il prossimo palco su cui salire.

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