Con la collaborazione di Marialuisa Introzzi.

Per il tour di interviste promozionali relativo all’uscita del nuovo album “Domino Effect”, abbiamo incontrato al lussuoso Hotel Hilton di Milano il frontman ed il cuore ritmico dei rocker svizzeri Gotthard: Steve Lee ed Hena Habegger. A causa dell’italiano incerto di Hena, Steve ha risposto alla maggior parte delle domande: entrambi comunque si sono dimostrati tanto alla mano e divertenti quanto i loro simpaticissimi colleghi Leo (Leoni) e Marc (Lynn). Un’altra piacevole chiacchierata con la band elvetica, che ci svela tutti i retroscena del disco ed altro ancora. Buona lettura!

Fabio: Ascoltando il disco, fin dalla prima volta, si nota che il tono generale è spiccatamente più cupo, malinconico rispetto a tutti i lavori precedenti, anche a livello di testi, dai quali traspare una sorta di “disillusione”, di “amarezza” di fondo…
Steve: Si, verissimo…beh, diciamo che, sarà l’aver passato la “soglia” dei quaranta, comunque si inizia a vedere le cose in un modo un po’ diverso: non direi di essere “pessimista”, ed in fondo il rock’n’roll dovrebbe essere soprattutto energia e gioia di vita, però a volte ci piace puntare un po’ il dito su quello che ci circonda…fin dal titolo, “Domino Effect”. Viviamo in un mondo che, diciamocelo, sta andando a rotoli, i ghiacci si sciolgono, l’aria è sempre più inquinata da tutte le porcherie che vi immettiamo, siamo bombardati ogni giorno da notizie di crimini, guerra, azioni negative, egoismo, disparità…alla fine tutte queste cose si sommano, come in un “effetto domino”, e se ognuno continua a pensare per sé e se ne frega del resto purtroppo temo che non andremo ancora molto lontano…forse è un po’ questa l’amarezza di fondo che traspare da alcuni dei testi. In altri però ci piace comunque ribadire lo “spirito rock”, in fondo siamo fortunati a poter fare quello che facciamo e ci piace divertirci, ed è giusto prendere coscienza di ciò che ci circonda ma non è neanche pensabile stare tutti sempre in casa a fare “mea culpa”…tantopiù che non tutti siamo responsabili allo stesso modo, è giusto anche uscire e divertirsi ogni tanto no?

Marial: …quindi parte del ricavato del disco andrà in beneficienza, per la ricerca…?
Steve: Negli anni abbiamo fatto tanta beneficienza ed andiamo avanti a farla, nonostante il fatto che pur suonando da una vita siamo ancora più o meno dei poveracci e siamo stati fregati un sacco di volte… (risate) In ogni caso l’idea dietro “Domino Effect” è principalmente la sensibilizzazione: il concetto originario infatti era proprio di mettere in copertina un grosso pulsante verde, un po’ tipo il tasto “play”, che una volta premuto innesca una reazione a catena dalla quale non puoi più staccarti…

F: …questo mi fa fa tornare in mente un discorso che facevo poco fa, ovvero che l’album è composto da ben 14 tracce, che non sono poche, ma nonostante questo è uno di quei dischi dove una volta premuto “play” non riesci più dopo a premere “stop”, c’è sempre qualcosa che ti tiene incollato, la voglia di risentire anche il brano che viene dopo…
Steve: Questo è un complimento grandissimo, perché non c’è nulla che io odio di più di quelle band che hanno magari un singolo grandissimo, poi compri il disco ed il resto è una cagata, detto brutalmente… (risate) Forse va bene per il mercato degli mp3, uno si scarica solo il singolo, il resto è una schifezza e lo ignoro, va bene così… ma a noi interessa fare dischi che piacciano nell’insieme, è ovvio che poi non potrà piacere tutto a tutti nello stesso modo ma quantomeno vale i soldi spesi, ecco! In un disco ci sono tanti colori, l’energia, l’atmosfera, la ballata…

F: …ecco a proposito di singoli e ballate, ho sentito sulla radio Svizzera “The Call”..
Steve: …si, è un singolo non per la vendita destinato alla radio Svizzera, non per l’Italia sfortunatamente…

F: …ecco, volevo domandarvi, esiste una versione apposita per la radio, magari più “soft”…perché ricordo qualche tempo fa di avere sentito sempre per radio una versione differente di “Anytime Anywhere”, con meno chitarre, più dolce…
Steve: Si, purtroppo ci tocca fare anche questo… non sia mai che la massaia sente la chitarra distorta e si tira il ferro da stiro su un piede… (risate) No, purtroppo devo ammettere che siamo un po’ castrati anche noi su queste cose, per vivere di musica ci è toccato molte volte, specie negli ultimi anni -stranamente non all’inizio-, di dover scendere a compromessi come quello… Negli anni ’90 in realtà avevamo anche delle canzoni piuttosto cattive che andavano per radio, ora invece appena sentono una chitarra elettrica arriva l’esorcista lì, dietro… (risate) …per non parlare di quelle radio italiane che chiedono espressamente, perché passino la tua musica, che tu canti con un testo che cita il nome della stazione… è veramente ridicolo!

M: Cioè, nonostante abbiate avuto una carriera, vi fanno lo stesso questi discorsi?Steve: Già, purtroppo è così…ti dirò, un tempo il dj era contento se andavi lì in trasmissione, parlavi un po’ con lui, mandavi il pezzo, e poi ti diceva anche grazie… ora invece a momenti bisogna andare lì in ginocchio a chiedere…
Hena: E questo è anche uno dei motivi per cui tre anni fa abbiamo mandato affanculo tutti (risate)…abbiamo fatto la nostra casa discografica, abbiamo preso tutto nelle nostre mani, il controllo creativo ed economico.
Steve: E’ una cosa molto importante, ormai siamo in giro da sedici anni, nove dischi all’attivo, siamo sempre gli stessi membri ed abbiamo ancora l’entusiasmo di scrivere musica e suonare, ci siamo rialzati da tutti i momenti brutti che abbiamo avuto e l’avere raggiunto una indipendenza è senz’altro un fattore molto positivo anche per il futuro!

M: A proposito della creatività: spesso capita che, soprattutto prima di raggiungere il successo, le persone creative vengano considerate un po’ come “diverse”, non prese sul serio o addirittura viste come “non normali”…qual’è la vostra esperienza a proposito, e come vi ha caratterizzato a livello personale e di carriera…?
Steve: Dunque, parlando di successo…io non mi sono mai visto come una grande rockstar o come uno che ha raggiunto il suo sogno… è vero che diverse tappe che sognavo le ho raggiunte, da ragazzino sognavo di poter fare un disco, poi lo fai ed è fantastico… ma poi arriva il disco di platino, doppio, triplo… riempi uno stadio… è una carriera fantastica, però io penso che il traguardo sia sempre più in alto… penso di parlare a nome di tutta la band, non ci sentiamo affatto “arrivati”, in realtà non ce ne si rende neanche conto, si va avanti, si crea, e non ci si accorge pienamente che si punta a un traguardo dopo l’altro, cose che all’inizio nemmeno si immaginavano.
A livello di esperienza, più che altro siamo stati trattati non tanto come “diversi” ma un po’ come “fenomeni”, nel senso che hanno provato ad incanalarci e a farci fare per interesse determinate cose, e spesso ci siamo anche ritrovati devo ammettere in progetti che non ci convincevano al 100%…in questo senso la cosa ci ha interessato e ci ha fatto crescere…anche se a livello di carriera tutto sommato non siamo stati influenzati più di tanto, siamo sempre riusciti a prenderci una certa libertà.

M: Uno studio scientifico sostiene che le persone creative coltivano in genere interessi anche diversi dal loro campi diciamo “principale”…nel vostro caso, quali altri interessi avete oltre alla musica, e come influenzano la vostra attività?
Steve: Direi che ognuno di noi ha interessi molto diversi dagli altri, siamo cinque personalità molto diverse: concordo che sia fondamentale poter staccare e pensare ad altro e non solo a chitarre, rock’n’roll e donne dalla mattina alla sera…cioè, ci pensiamo lo stesso, ma magari non dalla mattina alla sera ecco! (risate)… ognuno ha il suo, l’attività fisica e lo sport, i motori e le moto… io ne ho uno un po’ strano ad esempio: adoro le cose orientali, ed in particolare mi piace molto il bonsai (ho seguito diversi corsi, leggo libri ed ora li faccio io stesso) che ho scoperto in Giappone… insomma questo per dire che è importante variare i propri interessi, perché in fondo la vita è fatta di qualcosa in più del solo rock, no?

M: Come avete fatto a capire che la vostra strada era proprio quella della musica?
Hena: Fin da piccolo in casa mia c’è sempre stata musica, mia madre suonava tutto il giorno rock’n’roll, dischi di Elvis… Elvis, Elvis, Elvis, tutto il giorno, due cojones!! (risate) …però la cosa mi è entrata dentro, ho iniziato a volere fare musica anche io, poi a un certo punto ho scoperto i KISS e sono diventato un fan sfegatatissimo, volevo diventare come loro! Già a nove anni ho iniziato così a prendere lezioni di batteria, me ne sono innamorato e a diciassette ho capito e deciso che la mia carriera sarebbe stata come musicista professionista..

M: Quindi possiamo dire quindi che è da sempre stato il tuo sogno, insomma!
Steve: Posso aggiungere che lui è l’unico della band che ha anche una formazione “ufficiale”, ha diplomi eccetera… noialtri invece abbiamo iniziato un po’ come hobby, anche io da piccolo ho visto in televisione gli Sweet e sono diventati i miei idoli, diciamo… poi aggiungi che a un certo punto inizi a pensare “i musicisti fanno colpo sulle ragazze” e quindi… (risate) ma sì, è sempre così, chiunque ti dice il contrario o ti sta dicendo una balla o è dell’altra sponda! (risate)
Insomma il sogno della rockstar, è bello essere famosi, riconosciuti in giro… anche se ogni tanto vorresti -non- essere riconosciuto perché anche da noi a volte è una bella rottura di palle! (risate) …del tipo gente che ti segue col carrello alla Upim per vedere cosa compri…(risate)
No comunque tornando al discorso, i miei genitori quando ero piccolo mi hanno detto “prima fatti un titolo e trovati un lavoro fisso, e poi fai tutto il rock and roll che vuoi”: così io per diversi anni ho fatto il mestiere di orefice, ho fatto la gavetta ed alla fine avevo anche il mio laboratorio… ma a un certo punto ho preso una decisione ed ho mollato tutto per rischiare sulla musica, che alla fine è sempre stato il mio vero sogno, fin da bambino.
Credo che per fare una scelta del genere sia necessario essere in fondo dei gran testardi, cocciuti… ma col senno di poi sono sicuramente felice di ciò che ho fatto.

F: Parlando di fama e successo… io trovo che il rock melodico abbia ancora oggi un potenziale commerciale enorme, voglio dire è grintoso con le chitarre ma è anche dolce con le ballate, grazie alle sue sfaccettature può piacere ad un pubblico molto vasto (ad esempio ricordo il vostro concerto sold-out allo stadio del ghiaccio a Lugano, c’era un pubblico assolutamente eterogeneo, dal metallaro al manager con la 24ore appena uscito dall’ufficio), quindi non mi spiego come mai i discografici e le radio abbiano deciso di puntare esclusivamente su altro…
Steve: Io credo che la parola chiave sia Business. Il soldo è la cosa più importante, ed è importante pompare tantissimo su un aspetto che faccia vendere. Questi Gotthard, cosa sono agli occhi dei discografici, non si capisce, cosa sono? Sono molto hard? Oppure fanno solo ballate? Sono poco interpretabili, e quindi poco vendibili. Penso che questa sia la chiave di lettura.
Allo stesso tempo comunque siamo molto orgogliosi di avere, come dicevi appunto tu, un pubblico molto eterogeneo, questa cosa ci rende fieri. Ad esempio ad un festival open air rock, ci trovi la bambina di sei anni che arriva con la madre, che è accompagnata a sua volta dal padre che ai suoi tempi magari era un patito degli Zeppelin…insomma questa è una cosa molto bella!

F: Assolutamente, ad esempio l’estate scorsa avete suonato al Rock of Ages Festival, in Germania (insieme a gruppi come Twisted Sister, Uriah Heep, Sweet, House of Lords, Glenn Hughes…) e lì c’era davvero un pubblico fantastico, una atmosfera bellissima, gente di tutte le età, padri e figli che cantavano insieme, capelloni col chiodo con il cuginetto di cinque anni col magliettone dei Kiss…
Steve: Vero, era proprio un bell’Open Air!! Io trovo che sia una cosa bellissima, in fondo questa è proprio una musica che dovrebbe unire! Si dice spesso… purtroppo tanti altri generi di musica non uniscono per niente, anzi… si creano la loro nicchia e guai a chi osa… perché noi siamo quelli cattivi, bla bla bla… ma alla fine diventa un po’ una carnevalata…

F: Torniamo nuovamente al disco: ho notato che in fase di produzione le chitarre sono poste ovviamente in primo piano, ma sono state mixate non più tanto per dare un “attacco frontale”, quanto piuttosto per dare “profondità” al suono, ovvero sono sempre molto heavy e presenti, ma meno “squillanti” e più “spesse”…
Steve: Assolutamente si, difatti è proprio quello che con Ronald Prent (coproduttore insieme a Leo) abbiamo cercato effettivamente di ottenere. Volevamo ricercare un suono non troppo anni ’80, con un po’ più di spazio anche per le tastiere: ci sono infatti diversi pezzi con un tocco un po’ synth insieme alle chitarre, che danno una dimensione un po’ diversa a tutto il sound, non più legato solo ed esclusivamente alle chitarre, diciamo.
Cioè, gira e rigira le nostre origini ed influenze sono sempre quelle, e ne siamo fieri, ma con ogni disco vogliamo cercare di cambiare un po’ e di inserire strumenti e soluzioni sonore anche un po’ insolite in quello che è il classico contesto hard rock.

F: E in questo caso viene subito in mente la fisarmonica di “Where is Love When It’s Gone”…
Steve: Esattamente, la senti e non te l’aspetti, ti lascia un po’ spiazzato, però penso riesca a creare una atmosfera particolare no? L’idea è stata di Leo, il pezzo invece è uno di quelli scritti insieme a Frederick Thomander e Anders Wikström (dei Treat, ndr), come anche “Domino Effect”… ogni volta che ci si trova con loro, in un solo pomeriggio si riesce a tirare fuori insieme tante buone idee.
All’inizio il tema di fisarmonica che senti era suonato con la chitarra, poi abbiamo detto “si ok, ma è la solita chitarrina acustica, ha rotto un po’ i maroni (risate)… proviamo a mettere qualcosa di diverso!”. E’ stato sicuramente divertente! Ti dirò di più, doveva essere il primo singolo in Svizzera, poi invece abbiamo optato per qualcosa di meno “difficile” diciamo. L’intero “Domino Effect” in realtà è un disco che va ascoltato un po’ di volte, non è certamente immediato come “Lipservice”.

F: Confermo, è decisamente un disco che cresce molto con gli ascolti. A proposito di ascolto, la Nuclear Blast per la promozione del disco ha deciso di fornire alla stampa specializzata non più il solito promo CD, bensì una password per scaricare dal loro sito i file mp3 dell’album, “watermarked” per consentirne l’identificazione…
Steve: Si, questa cosa sinceramente ha sorpreso anche me, e non so bene cosa pensarne, tu come la vedi?

F: Mah, posto che c’è chi ha fatto di peggio (vedi Kingdom Come ed il loro insopportabile cd finto-rigato), devo dire che anzitutto i file sono encodati abbastanza male e la qualità sonora ne risente in modo udibile… più che altro comunque mi sembra l’ennesimo rospo che chi ha e rispetta una deontologia deve ingoiare: io “giornalista” non mi sognerei mai di diffondere online un promozionale prima dell’uscita, è una cosa controproducente a tutti i livelli nonché comunque scorretta. E’ un vero peccato che per colpa delle solite mele marce si arrivi a questi livelli…
Steve: Già, è un argomento strano, io spero vivamente che quanta più gente possibile la pensi come te, dato che penso che anche le tracce tagliate e gli altri sistemi alla fine rendano anche difficile scrivere un articolo…purtroppo oggi come oggi tutti copiano e scaricano qualsiasi cosa anche se non gli interessa…

F: Sarò anacronistico, ma la sparo: per la promozione a questo punto non si potrebbe tornare ai cari vecchi nastri?
Steve: Beh si, che non hanno la qualità CD e tutto, quindi non c’è problema…io gliela butterò lì alla Nuclear Blast, sperando solo che ci sia gente che ha ancora il mangianastri…eh eh!

F: A proposito: oggi tutti abbiamo mp3, iPod ecc. ecc., che sicuramente sono molto comodi e pratici… però, sarò un nostalgico/romantico, ma io ancora colleziono ed ascolto LP, che secondo me sono un modo diverso di ascoltare musica, ha tutto un altro fascino…
Steve: Beh, se chiedi a qualunque appassionato di hi-fi, ti dirà che il vinile è il vinile… ha fruscii e tutto il resto, ma anche quello è parte e contribuisce al calore del suono. Noi della nostra generazione poi siamo cresciuti con quello e siamo affezionati a quello… ti dirò di più, io rimango deluso ogni volta che vedo una copertina grande come questo fazzolettino di carta… dovrebbe essere un’opera d’arte ed è costretta in pochi centimetri, si perde tantissimo ed è molto limitante. Una volta c’erano questi LP, tipo degli Yes, dei King Crimson, magari anche apribili, che li prendevi e dicevi “wow!”, delle opere d’arte, te li volevi quasi appendere sul muro…
Purtroppo non si può arrestare il business, la tecnologia e via dicendo… anche io ho il mio lettore mp3, me lo ascolto in giro, ma quando posso i dischi me li ascolto in originale perché decisamente anche per me è un’altra cosa.
Di positivo c’è che l’mp3 è un grande formato promozionale, ovvero la speranza è che ci sia gente onesta che si scarica i pezzi, gli piacciono e poi va a comprarsi il disco!

Daniele: Sempre che i dischi si riescano a trovare! Per esempio io i Gotthard li ho conosciuti così, ma ancora non sono ancora riuscito a trovare tutti i dischi in Italia…
Steve: Si, spero che con la Nuclear Blast la cosa cambi un po’, diciamo che con la BMG, con la quale eravamo sotto contratto fino a qualche tempo fa, in tanti paesi ha letteralmente dormito. Ha fatto un bel lavoro, oltre che naturalmente in Svizzera, in Giappone, in Germania, all’inizio anche in Scandinavia le cose giravano, ma poi la gente andava a cercarsi i dischi e non li trovava… anche in Italia è stato un disastro. Ad esempio quando abbiamo suonato di spalla agli AC/DC a Torino, abbiamo fatto un bel concerto e abbiamo avuto un grande riscontro dal pubblico, ma la gente non sapeva chi fossimo, dischi in giro non ce n’erano, nessuno sapeva niente…e non è colpa tua ma solo dei discografici: in questo modo puoi scrivere anche la “Strangers in the Night” di turno che non succederà mai niente…ed è una vera schifezza.

F: Abbiamo poco tempo quindi ultima domanda: nella parte conclusiva del disco il tono cambia leggermente e troviamo i brani più rock’n’roll e “old style” del disco, e questo mi ha fatto pensare alla dimensione live, quali nuovi brani pensate saranno i più adatti da riproporre dal vivo?
Steve: Già con “Lipservice” ed ora anche con “Domino Effect” abbiamo voluto registrare dei pezzi che suonassero molto “live”, senza troppi sample eccetera…quindi aggiungendo che ormai abbiamo un catalogo di nove dischi dai quali pescare, direi che sarà un bel casino fare la scaletta!! (risate) Ancora non ci abbiamo pensato, rientreremo finalmente in sala prove la prossima settimana e sicuramente lì decideremo meglio… di sicuro comunque toglieremo qualche pezzo tipo “Mountain Mama” che è un classico ma ce lo portiamo dietro da 14 anni e non ne possiamo più (risate), inseriremo sicuramente “Master of Illusion”, “Domino Effect”… magari un medley di ballate, sai, per non fare un’ora solo di lenti… credo proprio faremo una cosa simile.
In questi giorni stiamo ancora confermando tutte le date, ma penso e spero che sarà un tour lungo e che tocchi più luoghi possibile: non siamo una band da MTV o, come in Germania, da Viva…siamo una band “dal vivO”, amiamo suonare e poi per noi è sicuramente la migliore pubblicità…diciamo che siamo un po’ dei manovali del rock, via! (risate)

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