E’ sempre facile scrivere una recensione per un album dei Dragonforce: basta fare un semplice copia/incolla da quanto scritto per un precedente loro album e il gioco è fatto. Sperando di essere tuttavia smentito e volendo scrivere una rece positiva, inizio ad ascoltare “Ultrabeat down” e con immane soddisfazione mi accorgo che il songwriting degli inglesi non è cambiato assolutamente di una virgola e quindi, con tristezza (ma dove??) mi accingo all’ennesima stroncatura.

Come al solito i nostri viaggiano a velocità allucinanti, l’effetto frullatore è sempre scontato e previsto; nulla di nuovo anche dal fronte delle canzoni: piatte e ripetitive come non mai pongono l’attenzione sulla bravura del chitarrista Herman Lee che ci frattura la testa con riff e solos sentiti oramai miliardi di volte all’interno delle composizioni dei Dragonforce. Qualche piccola scintilla di cambiamento si avverte in alcuni brani, qualche lieve modifica all’interno del sound sfocia in soluzioni stilistiche e musicali che riescono a rompere la monotonia di un disco lanciato alla velocità della luce, ma questi sono solo brevi sprazzi di inutile follia che ben presto lascia di nuovo spazio alla ben più “ragionata” musica del combo inglese.

Alla fine i Dragonforce non sono assolutamente cambiati. Cari fan comprate pure questo disco, quello che troverete è l’esatta fotocopia del precedente album e di quello precendete ancora e di quello ancora…
Una sola domanda: ma come si fa?

A proposito dell'autore

Post correlati