Con la pubblicazione di “The Eternal Battle” gli alfieri dell’epic metal tricolore interrompono un silenzio durato ben quattro anni, un periodo caratterizzato da consensi raccolti un po’ ovunque, attraverso poche ma importanti gigs. Il nuovo disco irrompe nel 2011 restituendo una band in forma smagliante, ben lontana dal perdere l’ispirazione nonostante i vari cambi di line up; spetta a un disponibilissimo Deathmaster introdurci ai temi di “The Eternal Battle” e non solo; come spesso accade, infatti, la nostra chiacchierata vira su argomenti diversi dalle usuali chiacchiere sul disco in uscita. La disponibilità del leader varesino è l’ulteriore dimostrazione che, con le dovute accortezze, si può davvero parlare di tutto. Buona lettura!
Ciao, mi pare doveroso partire dalla genesi del nuovo disco “The Eternal Battle”, che segna fra l’altro l’ennesimo avvicendamento nel ruolo di bassista, con l’arrivo Christian “Nidhoggr” Grillo.
Ciao a te Luca e ai lettori di heavy-metal.it, grazie dell’intervista! “The Eternal Battle” è un disco particolare, concepito in un arco di tempo relativamente breve e poi arrangiato in lungo e in largo per ottenere il risultato finale. E’ un disco di crescita, che ci ha permesso di oltrepassare i nostri stessi limiti e che contribuirà notevolmente allo sviluppo del sound della band. L’avvicendamento al basso è stato fortunatamente – come la stragrande maggioranza dei casi – un processo fatto amichevolmente e più dovuto a ragioni personali che altro. La line-up corrente comunque è assolutamente spaccaossa!
Nel nuovo disco la band ricorre a soluzioni (riffs e ritmiche in particolare) magari non immediatamente associabili al vostro trademark, ma che conferiscono all’opera una certa profondità. Mi riferisco in particolare a pezzi come la title track e “The Fulminant”…condividete questa impressione?
Assolutamente sì! Nelle interviste e nelle presentazioni del disco io chiamo quest’ aspetto “intelligenza” musicale, un’intelligenza che era presente solo in parte nei dischi precedenti. Per una band non reinventarsi, non mettersi in discussione è una simbolica morte artistica. In questo disco il più grosso cambiamento è rappresentato dallo “shift” di importanza dell’idea originale (che era fulcro delle composizioni passate) agli arrangiamenti che sono il fulcro della composizione di “The Eternal Battle”. Il concept ora è volutamente approssimato così che durante gli arrangiamenti le strutture plasmino il pezzo in maniera più coerente e spontanea. Non voglio per niente sminuire le composizioni passate dei DoomSword ma alcune cose sembravano proprio studiate a tavolino perché in un certo senso lo erano. Strutture più rigide, divise in blocchi compositivi…ora c’e’ un approccio più “free”, quasi settantiano, cosa che può fare solo bene alla band perché ora abbiamo ampliato il nostro bagaglio, il nostro “vocabolario” di soluzioni compositive, e possiamo adottare l’approccio migliore per i pezzi futuri. “The Eternal Battle” è un album d’incredibile crescita, a livello musicale lo riteniamo un album maturo, e per la band è un vero trampolino di lancio perché abbiamo adottato una metodologia di lavoro diversa e non vediamo l’ora di mettere a frutto tutta questa esperienza in un super capolavoro futuro!
Puoi dirmi invece qualcosa su quello che reputo il capolavoro del disco, ovvero “Soldier Of Fortune”…
Credo che la fortuna del pezzo l’abbiano fatta i testi. L’abbozzo originale è veramente semplicistico, anche più di canzoni già semplici presenti in album precedenti…è un classico “strofa/bridge/ritornello x 2” più solo e finale. Per esempio su “My Name Will Live On” la canzone “Sword of Light” era più o meno così, ma conteneva delle parti individuali intricatissime. Per “Soldier of Fortune” ci fu un dibattito vivace sulle tematiche da affrontare e alla fine scrissi quelle liriche che colpirono sorprendentemente anche me, e mi aiutarono a trovare una linea vocale efficace sulla strofa ma soprattutto sul ritornello. Quell’aria di malinconia e tragedia del testo mi ha spinto a cercare un modo tutto particolare di cantare la canzone, e anche il finale corale quasi sussurrato fu un esperimento che consideriamo ben riuscito. Ora sappiamo che in futuro potremo adottare una simile soluzione sapendo che i fan la gradiranno perché ti assicuro che l’ansia che i fan non l’apprezzassero era tanta. Da un punto di vista puramente strumentale la vera differenza l’ha fatta il lavoro di arrangiamento di Sacred Heart e Wrathlord (chitarrista e batterista, ndr) che hanno trasformato un pezzo di per sè ottimo in un capolavoro, ovviamente nella nostra personale opinione!
L’iniziale “Varusschlacht” se non erro ripercorre la battaglia di Teutoburgo, combattuta dal generale Publio Quintilio Varo contro i Sassoni all’alba della Roma imperiale, ed è l’ennesima battaglia raccontata con la consueta perizia storiografica. Qual è il fattore decisivo per cui un determinato evento storico diventa canzone?
Se ti dicessi che esiste un fattore decisivo mentirei…credo che tutto ciò che colpisce la mia immaginazione finisca per essere tramutato in musica. Nel caso di Varus Battle il fattore fu l’importanza storica della battaglia, che come sono sicuro che saprai, si svolse tra Romani e una confederazione di tribù germaniche guidate dai Cherusci ma tra le quali erano presenti anche i Longobardi. Se pensi all’importanza storica quasi incomparabile che i Longobardi hanno ricoperto per l’Italia, allora l’evento assume tutt’altra dimensione. Se i Romani avessero vinto la battaglia di Teutoburgo, allora si può quasi certamente ipotizzare che la parte di Longobardi che non fosse stata annientata in battaglia sarebbe stata assoggettata, molto probabilmente i Romani avrebbero instaurato una nuova provincia, i Longobardi per necessità o quant’altro non si sarebbero mai mossi dalla loro posizione giusto a sud della Danimarca, e probabilmente in Italia non sarebbero mai arrivati. Il che vuol dire, niente regione chiamata Lombardia, niente Alboino, Teodolinda, niente ducato di Benevento etc. Magari l’Italia sarebbe rimasta bizantina per secoli, chi lo sa…per questo quella battaglia in particolare ha un’importanza di prim’ordine!
So che non ci tenete molto essere etichettati come una band viking metal; solitamente gli artisti tendono a dare poca importanza alle questioni di genere, come mai invece voi siete molto puntuali sotto questo aspetto? Quali sono le caratteristiche che vi rendono “heavy” o “epic” ma non “viking”?
E’ vero che neanche noi teniamo tanto alle etichette, ma allo stesso tempo la nostra fedeltà all’Heavy Metal con le maiuscole è estrema. Per questo diciamo di suonare Heavy Metal epico e qualsiasi altra definizione è una convenzione per illustrare più dettagliatamente ciò che suoniamo. Ci chiamano epic doom, ma sinceramente… se noi suoniamo doom allora i Candlemass di Nightfall che suonano? UltraDoom? HyperSlow? SuperDoom o SubDoom visto che super è accrescitivo…
Per quanto riguarda la questione viking, è molto semplice: premesso che suoniamo Heavy Metal, epico è un aggettivo che puoi aggiungere per chiarire meglio lo stile. Puoi dire che suoniamo metallo epico ma il Viking è un genere, ha i suoi gruppi, la sua filosofia, i suoi fans. Potrei dirti che ci sono canzoni quasi Viking metal nei DoomSword (giusto due o tre) ma mai che i DoomSword siano un gruppo solo e soltanto orientato alla celebrazione della grandezza dei nostri compari nordeuropei. Credo che se uno ci pensa anche solo per dieci secondi si rende conto di quale scemata sia chiamare i DoomSword Viking metal.
I Doomsword e la Germania, due entità che si sono incrociate volte nel corso degli anni, dalle lyrics all’attività concertistica. Esiste secondo te, un feeling speciale a riguardo per chi vive nelle zone di confine? Ti faccio questa domanda perché anche io da alcuni anni vivo dalle vostre parti e mi sono accorto che il richiamo verso un certo tipo di cultura è molto diffuso…
Mamma che domanda. Io ho sempre avuto una passione per le culture ibride o di confine, magari perché inconsciamente sono anche io in quella situazione. Non voglio dare un’idea falsata della cultura dell’Insubria, da dove vengono i DoomSword, e farla passare per una sottospecie d’incrocio tra Italia e Germania, perché non è così.
Allo stesso tempo però ora che mi ci fai pensare c’è una sintonia evidente, gli stessi fan tedeschi sono in qualche misura coscienti di chi sono i DoomSword, da dove vengono e che c’è una specie di connessione… in fin dei conti la Svizzera è a dieci minuti di macchina da dove vivo e non credo ci sia un’ora fino al primo paese di lingua tedesca. Anche il dialetto locale usa lettere di derivazione tedesca, anche se sintassi e vocabolario sono più di derivazione francese. Ci tengo a precisare però che non credo che questa connessione dei luoghi di confine sia poi così cosciente e volontaria… più un substrato subcosciente, non so se capisci cosa intendo.
In passato avete affrontato nelle vostre lyrics tematiche legate alle vostre terre, vedi la distruzione di Castelseprio in “Steel My Axe”. E’ possibile in Italia affrontare un certo tipo di discorsi senza che questo implichi sconfinamenti di tipo socio-politico?
E’ difficile ma non impossibile. Personalmente i DoomSword non vogliono trasmettere messaggi politici, e se qualcuno ce li vede ci sta fraintendendo. Vero che i DoomSword vengono dal cuore dell’Insubria, vero che amiamo le nostre montagne le nostre colline e i nostri laghi, ma non ne facciamo elogio se non dal nostro cuore. Non intendiamo denigrare nessuno, non intendiamo insultare nessuno e non intendiamo implicare che la nostra terra sia migliore di altre. Se qualcuno pensa che i DoomSword supportino attivamente, passivamente, implicitamente o esplicitamente movimenti politici, e soprattutto – diciamocelo, stiamo parlando di una band di Varese… – la Lega Nord, si sbaglia. Castelseprio è un posto magico, ci abbiamo fatto le foto della band sin dagli inizi della nostra carriera, e se qualche lettore avesse la fortuna di farci un giro sono sicuro che capirebbe da dove deriva la nostra energia per taluni pezzi. In ogni caso grazie della domanda interessante, in tanti tendono a tacere sull’argomento ma questo ci dà l’occasione di mettere in chiaro la nostra posizione.
Da sempre i Doomsword si distinguono per la loro attitudine discreta, almeno a livello mediatico. Persino le esibizioni live sono da considerarsi quasi un evento. Ci sono motivazioni di tipo logistico o fa parte, diciamo così, di una precisa strategia promozionale?
Se per motivazioni logistiche intendi la separazione geografica della band tra Irlanda e Italia, di certo non rende le cose facili ma non è questa la ragione. Tantomeno una strategia promozionale, quella no di sicuro. Quando creai i DoomSword nel 1997 mi misi in testa che la band dovesse essere circondata da un alone di mistero, usare pseudonimi etc. e naturalmente in questo approccio era inclusa la totale assenza di concerti per non mostrarci in pubblico. Tutto questo poi cambiò con l’andare degli anni, in speciale modo dopo aver cominciato a suonare dal vivo non ebbe più molto senso insistere troppo con il misterioso.
Allo stesso tempo però, un concetto base non è cambiato: ho sempre pensato che quando una band cerca l’attenzione dei media e appare su giornali e siti con foto e video questo inevitabilmente crea un legame musica-musicista nella mente dell’ascoltatore. Naturalmente per molti gruppi questo è un obiettivo da raggiungere, ma non per noi. I DoomSword hanno sempre cercato di mantenere la loro offerta musicale assolutamente pura, e per pura intendo che la musica esiste per sè stessa e non come strumento di esibizione di un gruppuncolo di wannabe-rockstars. Ci piace pensare che gli ascoltatori dei DoomSword si figurino tutta una serie di immagini nella loro mente quando ascoltano la nostra musica tranne i musicisti che suonano il pezzo. Meno sei presente “di persona” sui media e più l’ascoltatore ha solo la tua musica e i tuoi testi per relazionarsi con l’artista il che rende la nostra proposta appunto più “pura”. Per dimostrare l’opposto pensa semplicemente a quanto certi “artisti” siano famosi per il loro aspetto fisico e il bombardamento mediatico e non tanto per la loro musica.
Tornando alla Germania e alle esibizioni live, se tu dovessi descrivere il Keep It True a una persona che non lo ha mai vissuto, cosa diresti?
Che è un’esperienza necessaria nella vita di un metallaro serio. Niente mainstream, niente gloss, niente mascara e unghie pittate o look alla Marilyn Manson, solo puro metallo tra band degli 80s e nuove band in spirito 80s. Birra, schnitzel, vinili, cd, magliette e la più grossa famiglia di metallo puro del mondo. Una curiosità di cui in molti non sono al corrente è che i DoomSword sono la prima band che sia mai stata confermata per un Keep It True, come dichiara Oliver (l’organizzatore) nella biografia ufficiale del KIT, fu un grande onore per noi partecipare alla primissima edizione del festival e all’anniversario. Se mi permetti una citazione giusto per rimanere in argomento, se c’è un altro festival che consiglierei di tutto cuore di visitare questo è l’Up The Hammers, che ha un bill molto simile al KIT ma per il semplice fatto che sia in Grecia lo rende incredibile. Ci sono stato almeno tre volte e che mi ricordi e tutte le volte e’ stato pazzesco.
L’edizione 2008 di quel festival vi ha tributato un’accoglienza degna di band di prima grandezza. Chi vi scrive supporta attivamente la scena concertistica tedesca, pur cercando sempre di evitare la parte dell’esterofilo. Avete qualche rimpianto verso il pubblico o la scena italiana?
No, assolutamente no. Vero che non abbiamo suonato molto in Italia, ma l’ultimo concerto a Milano nel 2007 coi Wotan fu un evento memorabile, io non lo scorderò mai e a quanto pare i cinquecento che si presentarono quella sera ne parlano ancora. Fu una vera sera di gloria per l’epic italiano e un onore suonare con i nostri amici Wotan. Allo stesso tempo però è anche possibile che i DoomSword facciano un pò eccezione e che la partecipazione ai concerti non sia mediamente così numerosa come per il nostro ultimo concerto a Milano.
Ci sono bands della scena italiana cui siete particolarmente legati?
Battle Ram, Holly Martyr, Wotan, Adramelch, Dark Quarterer… mi piacciono i Rosae Crucis anche se non sono in contatto con nessuno della band, li ho solo conosciuti al nostro primo concerto ad Ascoli con i Manilla Road. Sono frequentemente in contatto con tutte le band menzionate, con altri invece più raramente anche se è solo una questione di mancanza di tempo.
Wotan, Rosae Crucis, Holy Martyr, Doomsword, e poi ancora Tarchon Fist e il folk metal di bands come i Folkstone e i Furor Gallico, ma potremmo andare avanti. Cosa manca davvero all’Italia per contare in campo metal?
Niente. Infatti contiamo e come. Vai al Keep It True o all’Up the Hammers e nessuno metterà in discussione l’importanza dell’Italia in campo metal underground. Se stavi parlando della scena mainstream allora purtoppo dovrei nominare band mainstream ma scusami, ho appena mangiato e mi piacerebbe tenere il cibo nello stomaco lì dov’è.
Ti ringrazio per il tempo che hai dedicato alla nostra webzine, ti lascio le ultime righe per parlare di quello che preferisci, senza alcuna limitazione!
Lasciami dire che l’intervista è stata inusuale e interessante, ti ringrazio per l’opportunità’ dataci e saluto tutti i lettori di heavy-metal.it, grazie mille per il supporto!