Debutto discografico per i tedeschi Doomshine, preceduti da un singolo “Shining in solitude” contenente due brani del disco (per la precisione la prima e la sesta traccia) in anteprima. E questo è tutto per la parte logistica. La parte musicale invece, è una gradita sorpresa. Un doom classico, pesante e imponente, come insegnano i mostri sacri Candlemass, Solitude Aeturnus, Trouble e compagnia. Personalità e gusto, i numeri ci sono tutti, ma veniamo al disco in sè.
L’album si apre con “Where nothing hurts but solitude”, dall’incedere ossessivo ed epico, l’addensarsi della nuvola scura che ci accompagnerà per tutto il lavoro. Dai tratti piu melodici invece è la seconda “Venus Day” accompagnata da un bell’arpeggio e l’ottima voce di Tim, espressiva e carica al punto giusto, per un brano dalle accentuate tinte melodrammatiche.
Un dominante tempo marziale invece per “Light a candle for me”, il cui titolo sembra quasi un tributo ai padri-padroni del genere Candlemass, il cui spettro spunta molte volte, senza mai essere troppo ingombrante da sopportare. Le tre tracce successive invece, fanno parte di un mini concept, in cui viene narrata la storia dell’angelo triste dalla sua creazione (Creation (Sad Angel Chapter of Hope) ), il suo dubbio (Sleep With The Devil (Sad Angel Chapter of Belief) ) e la sua eterna dannazione (Shine On Sad Angel (Sad Angel Chapter Of Doom) ), regalandoci tre ottime composizioni, su un concept magari non originale, ma sicuramente efficace per il genere. “Creation” si snoda su un riff molto “sabbathiano” scelta azzeccata per questa storia. “Sleep with the devil” segna la parte piu dubbiosa e rabbiosa della storia, ed è anche il brano piu heavy del terzetto, con un chorus centrale tirato su una ruggente doppia cassa. Chiude il trittico “Shine On Sad Angel” il brano forse piu bello (e lungo) dell’album, una “sfuriata” doom, un brano notevole, che difficilmente troverete su un debut.
Il disco prosegue con “A room without view”, melodica e heavy allo stesso tempo, forte della disillusione, musicale e non, tipica del genere. Penultimo brano “The Cross (Still stands for pain)” lento e disarmante, come una croce addosso all’ascoltatore, lungo, ma articolato, per nn annoiare l’ascolto. Chiude “Valiant child of war” la “ballad” del disco, brano che quanto a carica emotiva e bellezza, compete con “Shine Sad Angel” al trono di miglior composizione.
Un debut album notevole, che mette in mostra una band che sicuramente in futuro farà proseliti, forte di una personalità, tecnica, e gusto compositivo notevole. Per ogni fan del doom classico questa è un uscita da non lasciarsi scappare, per chi invece è meno avvezzo a queste sonorità, dategli un ascolto lo stesso, potrebbe piacervi. Il voto è giustamente basso per un debut, ma per chi vive di pane e doom aggiungete un punto con tranquillità!